venerdì 26 giugno 2009

Morire dal ridere o ridere del morire, pari sono?


Lo so che non si fa. Anche se la defunta era molto in là con l'eta e aveva da tempo problemi di salute, legati all'età, non è facile per i parenti accettare con distacco la morte: quindi non si fa. Nemmeno se noto che durante il funerale, avvenuto appena dopo lo spoglio elettorale, sono presenti una quantità di politici da fare invidia ad una riunione a montecitorio, impegnati a contrattare poltrone nel costituendo consiglio comunale. Non si fa. Nemmeno se potresti raccontare quantità industriali di aneddoti divertenti su cose avvenute durante un funerale. Non si fa. Neanche se non puoi non ricordare una vecchia zia che al funerale di tua nonna, ululando dal dolore, chiedeva alla defunta di "portarsi via" anche l'altra sorella, affetta da demenza senile, di cui la nonna si era occupata fino a pochi istanti prima di morire: ora che lei non c'era a prendersi questo peso, meglio cercare una raccomandazione per un posto in Paradiso. Nel più breve tempo possibile! Non si fa. Neppure se sei convinto, in maniera disincantata che la morte faccia parte della condizione umana, ne più e ne meno della costipazione: perchè si può ridere se uno è costipato e non se è morto? Insomma non si fa. Però credetemi, porre l'accento sulla voce del tipo che cantava durante la messa, accompagnandosi ad una pianola da piano bar (tastiera mi correggerebbe amica patita di musica) esclamando a voce alta: "Sembra Peppino di Capri..." e sentire l'intera fila e quelli davanti e dietro di me, scoppiare a ridere, mentre il tizio si accingeva ad intonare il Sanctus con la stessa intonazione di "Champagne" è incredibilmente catartico.

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