giovedì 25 dicembre 2008
venerdì 19 dicembre 2008
Post-It dicembrino
Trovare un po' di tempo per scrivere un post sulle tue peripezie Torinesi.
Tacere sulla vicenda di quando mi è caduta la chiave magnetica dell'albergo sotto il tavolo di due Gran Maestri che giocavano a Scacchi ripresi dalle telecamere Rai.
Tacere anche su come sei riuscita a recuperarla.
Sentita l'altra sera, un po' scurrile, ma ottima metafora della vita:
tre topi, in un locale, stanno facendo l'happy hour; due ubriachi e uno sobrio
topo ubriaco 1:"A me il mio Padrone... hic!... mi fa una pippa: mi mette il formaggio nella gabbietta... hic!... e io levo il formaggio, me lo mangio e gli tiro la gabbietta addosso! hic!"
topo ubriaco 2:"Ma smettila...hic!...A me il mio Padrone mi fa...hic!... due pippe: mi mette il veleno per topi davanti casa...hic!... io lo raccolgo, chiamo degli amici per organizzare un festino e...hic!... lo sniffiamo alla faccia sua!"
topo sobrio:"Si va bene, siete fortissimi, ma ora andiamo che vi riaccompagno a casa: tra mezz'ora devo incularmi il gatto!"
Evitare di scrivere qualcosa sul caso di Eluana Englaro. Diritto alla vita, diritto alla morte? Esiste una risposta 'corretta'? Non credo. L'unica cosa seria e non strumentale che si dovrebbe fare è legiferare immediatamente sul testamento biologico.
io: "[...] diceva che non riusciva a sfondare non perchè non avesse talento, ma perchè non era raccomandato, così non riuscendo a sfondare qui se ne andò in America dove si aprì uno studio tutto suo, ho saputo che un uragano glielo ha spazzato via e la linea dell'alta tensione che passava lì vicino ha innescato un incendio in cui ha perso tutto"
amico: "insomma Dio gli ha detto: non è cosa tua!"
Sii serio con te stesso: evita di fare propositi per il prossimo anno, tanto sai già che non ne realizzerai nemmeno uno e quello che riuscirai a fare saranno cose assolutamente imprevedibili!
Programmare un viaggio con immersione a Lourdes, però: dopo che la bettola in cui vivevi è stata ristrutturata, il fatto che si sia rotta la colonna degli scarichi fognari inondando di liquami l'appartamento venti minuti prima di ritraslocarvi nuovamente è un segno che non devo sottovalutare.
Evitare di ridere ancora a questa scena: il tuo arrivo a Torino non è stato da meno!
Uscito dalla spirale della pasta fritta, uscito dalla spirale del Bailey's entrato in quella della cioccolata calda con pandoro!
Il nuovo Ricordi è un casino: troppe cose in troppo poco spazio.
Ho letto che fare troppo sesso provoca l'infarto. Sono contento: camperò cent'anni!
Pensare alla frase culto di quest'anno; in pole-position: "Ricordati che il viola è il nuovo nero!"
Pensato e scritto da Nicola Rizzuti il 12/19/2008 Vota questo articolo su 4 commenti
Etichette: Scene di vita vissuta, Zibaldonate
martedì 2 dicembre 2008
Mizar goes to Turin - writing Mizar 4.0 part 1
english version soon
Nell'ambito della manifestazione "Scaccomatto 2008" la Società Scacchistica Torinese ospita la Chess Computer Cup 2008 a cui Mizar parteciperà. E' stata l'occasione per mettere di nuovo mano sul codice del programma, revisionandolo. Avevo già pronta una nuova versione, ma a causa del furto del portatile ho praticamente perso tutto e ho dovuto ricominciare da capo. Non tutto il male viene per nuocere, memore della passata esperienza ho potuto fare un'analisi preliminare del programma creandomi uno scheduling per il lavoro. Certo non sono ancora riuscito, come mi ha consigliato un amico, ad implementare il comando "gioca la mossa migliore" e nemmeno "gioca una mossa che faccia confondere il tuo avversario", ma ci sto lavorando! Ho iniziato, questa volta, dalla funzione di valutazione statica. Ho cercato di renderla più snella e veloce. Dal punto di vista teorico le aree che voglio coprire sono:
- La sicurezza del re
- La correlazione di materiale
- la struttura pedonale
Nei precedenti programmi mi affidavo a delle euristiche che per numero e complessità rendevano il programma ingestibile e sospetto mal si coordinassero. Questa volta ho cercato di creare un modello semplificato e trovare degli indici facilmente calcolabili che mi diano una metrica approssimata per gli ambiti di conoscenza che voglio coprire. Ho cercato di rendere la funzione continua e progressiva. I pochi parametri saranno poi ottimizzati da un meccanismo di auto-ottimizzazione (autotuning) che sto mettendo a punto da qualche tempo. Ispirandomi al sistema di learning di Deep Thought ho raccolto un considerevole numero di posizioni di partite magistrali con relativa mossa migliore e/o da scartare. Per ogni posizione tengo traccia della valutazione che da il mio programma della mossa in questione, calcolando la distanza tra la questa e la prima (quella che poi verrà giocata); l'idea è quella di minimizzare tramite un algoritmo di gradient descent la funzione somma di queste distanze. Minore è l'indice, maggiore la corrispondenza con le mosse magistrali. Per evitare un problema di sovradattamento al campione (il programma diventa si bravo a risolvere le posizione, ma solo quelle!) sto usando un grosso numero di posizioni (oltre 6000) e tengo traccia delle varie iterazioni dell'algoritmo. Organizzando un torneo tra i vari programmi con differenti parametri sceglierò il migliore: il problema è ovviamente il numero di partite necessarie per avere risultati statisticamente validi (vedi il post How to test a chess engine). Mizar, all'interno della funzione di valutazione calcola:
- Il materiale presente sulla scacchiera: con bonus per la coppia di Alfieri su caselle di colore opposto, correzioni al valore dei Cavalli e delle Torri ispirate all'articolo di Kaufman (ora nel team di Rybka) e dei bonus per evitare i "bad trades" (cavallo per tre pedoni)
- I pedoni passati vengono premiati in funzione della distanza dalla casa di promozione e dal fatto che siano o meno protetti
- I pedoni deboli (doppiati, isolati, arretrati) vengono penallizati progressivamente in funzione del fatto che siano solo una debolezza o siano anche bloccati e quindi attaccati
- Per i cavalli, gli alfieri e le torri vengono calcolate diverse mobilità pesate, nel computo totale, con diversi parametri
- Per ogni pezzo viene attribuito un valore funzione della sua posizione e della posizione dei due re. Invogliano così i pedoni centrali e le torri ad avanzare, i cavalli, gli alfiri e la regina a centralizzarsi. Viene poi calcolato un valore funzione della distanza tra il pezzo e i due re. Per i cavalli viene usata una tabella precalcolata, per Torri e Alfiere è usata la Distanza Manhattan, per Re e Regina la Distanza Chebyshev.
- La sicurezza del Re è calcolata contando gli attacchi delle caselle attorno al Re.
Una funzione di questo tipo ha reso necessario l'uso di tabelle di attacco: grandi matrici in cui è memorizzato per ogni casella quale pezzo sta attaccando la casella in questione. Pe5r ottimizzare il tutto, considerando che in Mizar la funzione di valutazione è chiamata solo duramnte la quiescenza ho pensato bene di riscrivere il generatore di catture per sfruttare i dati presenti nelle tavole. Il debug del nuovo generatore e la parziale riscrittura di quello generale ha reso necessaria l'implementazione del nuovo comando divide che per ogni mossa alla radice ritorna il numero di nodi sottostanti. Insieme al perft, il divide si è rivelato un ottimo strumento di correzione. Sul sito (che verrà aggiornato dopo il torneo) troverete presto le posizione utilizzate e i valori calcolati, utili come riferimento. Ho scritto anche una piccola routine per il calcolo di numeri casuali con distanza di Hamming prefissata, attualmente funziona solo su Windows Xp o Vista dato che utilizza le nuove API crittografiche, Mizar ha infatti un nuovo set di numeri di Zobrist a 64 bit con distanza minima 24 e distanza minima 10 nella parte a 32 bit usata nella cache della funzione di valutazione. I risultati avuti usando la rand() della libreria C sono stati tragicomici e meriterebbero un post a parte. L'algoritmo di ottimizzazione è stato eseguito solo dopo avere implementato tutte le tecniche di pruning statico e dinamico di cui parlerò nel prossimo post. Torno a programmare!
Pensato e scritto da Nicola Rizzuti il 12/02/2008 Vota questo articolo su 2 commenti
Etichette: Computer chess, Mizar
venerdì 21 novembre 2008
Fratelli d'Italia
Per chi non lo sapesse, settimane fa, è cominciata al Kalesa la nuova stagione jazz
amica patita di musica [parlando al telefono durante una pausa del concerto]: "[…] si sta piacendo a tutti il concerto… certo anche a Nicola, infatti è uscito fuori…"
io: "E’ che mi ha emozionato e non volevo disturbare con i singhiozzi!"
In fatto di musica io sono una capra. Questo è purtroppo un dato assodato. In effeti ho sempre sottovalutato l’importanza che ha avuto nella mia vita. Una volta amica patita di musica mi disse una cosa che ancora ricordo, suonava pressappoco così: "mi basta essere nella mia macchina, indipendente e con la mia musica a tutto volume e sono una donna felice", certo ognuno gode come può, eppure devo ammettere che nel bene e nel male la musica ha ampio spazio nella mia vita anche se nella mia mente non ha mai avuto lo stesso peso di altre mie grandi passioni, come i fumetti per esempio. Pensavo a ciò giusto ieri durante la presentazione dell’ultimo fumetto di Sergio Algozzino: "Ballata per Fabrizio De Andrè". L’opera, pubblicata per i tipi della Becco Giallo, è un vero e proprio tributo fumettistico alla figura del cantautore genovese, disegnato da una persona che prima di tutto è un appassionato ascoltatore delle sue canzoni. La passione di Algozzino per il celebre cantautore è evidente nell’impianto della storia, non ha voluto descriverne la vita o sceneggiarne una canzone, ma ha cercato di far capire al lettore il messaggio della poetica di De Andrè e il ruolo che le sue canzoni hanno avuto nella propria vita e molto probabilmente in quella di tutti i suoi fan. Lungo quattro atti-capitoli, l’autore immagina che i personaggi più famosi delle canzoni del Nostro prendano vita e coscienza di sé e confrontandosi fra di loro decidano di accomiatarsi per sempre dal loro creatore. Delicata la scelta di ambientare il tutto in uno spazio senza tempo ne riferimenti che sia la mente dell’autore o di chi legge o si tratti un vero spazio metafisico, non ha importanza, il lettore è subito trascinato dal tentativo di individuare nei vari personaggi e nelle parole da loro pronunciate le canzoni amate. Delicatezza che traspare anche nell’utilizzo del particolare segno grafico, lontano forse dai gusti di chi legge Manga o Comics Americani o fumetti Disney: solo un chiaro e leggero segno di lapis e pochissimo tratteggio. Il tributo si conclude con una struggente poesia di François Villon affidata al suonatore Jones. L’idea che le canzoni vivano di vita propria e che in fondo appartengano più a chi le ascolta che a chi le crea, idea comune oltre che banalotta, mi balenava giusto ieri sera quando dopo i filmati introduttivi sulla figura del cantautore genovese, io stesso mi trovavo a canticchiare le sue canzoni, durante il momento musicale in cui lo stesso fumettista, accompagnato dalla pianista Vivi Lanzara, cantava alcune delle più celebri canzoni di De Andrè. Mi stupivo di conoscerle tutte! Se poi lo collegavo al fatto che la mattina mi avessero anche "salvato"...
Nel nuovo appartamento duplex in cui abito temporaneamente io e coinquilino medico, condividiamo le tre stanze comunicanti e passanti più bagno del piano superiore, giusto ieri mattina per un caso fortuito mi ha chiuso nell'ultima stanza, quell comunicante con il bagno in cui mi trovavo ed è uscito. La situazione era tragicomica: non avevo cellulare, non c'era una finestra da cui poter comunicare con la strada (solo un piccolo areatore) e dovevo uscire immediatamente; potevo solo sfondare la porta o sperare che coinquilino musicista sentisse le mie urla al piano di sotto. Provo a chiamare, ma mi trovavo nella parte più distante dalla tromba delle scale, realizzo che la sua stanza si trova proprio sotto di me provo a "bussare" sul solaio, sperando che non sia uscito. Niente il rumore e coperto e confuso con quello dei martelli degli operai che lavorano nel nostro ex appartamento. Qui la folgorazione, prendo il bastone del mocio e comincio a cantare e a battere ritmicamente: "popporopò poppò poppopopopopò - popporopò poppò poppopopopopò -paraparàpapapa papapa papa papò - frateelliii d'Itaaaliaaa, l'itaaaliaaa se de-esta...".
Credo che coinquilino musicista, quando mi ha liberato non abbia riso fino alle lacrime in mia presenza, per pietà!
Per maggiori informazioni sul fumetto ecco il sito dell’autore.
Pensato e scritto da Nicola Rizzuti il 11/21/2008 Vota questo articolo su 3 commenti
Etichette: Libri, Musico per caso, Scene di vita vissuta
giovedì 6 novembre 2008
Superego
Più volte vi ho confessato di avere un ego abbastanza sviluppato, diciamo che ho molta stima di me stesso. Forse pure troppa. In effetti non è che i fatti mi diano sempre ragione, tutt'altro, ma sapete com'è? Bata ripetere un cosa molte volte in maniera convinta che la gente poi ci crede! Il problema è che a volte io stesso ne sono vittima, un esempio? Qualche giorno fa sono stato oggetto di uno scherzo, beh di un tentato scherzo, ma andiamo per gradi. Era la notte di Halloween e si chiacchierava su come terminare la serata quando uno degli amici se ne esce con: "Perchè non andiamo a vedere se il fantasma della suora ci parla?", incuriosito e non conoscendo la leggenda in questione insisto perchè si vada, non capendo di avere dato il via allo scherzo ai miei danni. Mi raccontano che presso la fontana dei draghi spesso si manifesti il fantasma di una suora. Personalmente non credo a maghi, oroscopi, fantasmi, draghi e affini: sono talmente concreto da sfidare il nichilismo, ma mi incuriosiva capire che fenomeno fisico potesse dare la suggestione del fantasma. Arrivati alla fontana, eravamo circa in otto, uno dei ragazzi comincia a invocare ad alta voce la suora mettendosi in un punto ben preciso. Divertito e tenendomi a distanza, fischietto la musica di "x-file". Osservo la fontana: è del 1600 e non sembra che sia stata costruita al posto di un monastero come mi avevano detto, è troppo piccola e affiancata da due edifici coevi; mi informano anche che non vedrò nessuno spettro, ma sentirò solo una voce. Dopo alcuni minuti, proprio mentre sono più vicino al punto si cominciano a sentire dei rumori indistinti. Li per lì penso ad un gatto, da dietro la fontana spuntano degli alberi che fanno pensare ad un giardino posteriore, ma il rumore diventa più distinto e si intuiscono delle parole. Mi sento chiamare per nome: capisco che è uno scherzo, ma non come è messo in atto, non ho prove. Noto che non tutti sono vicini a me, ma che alcuni, con la scusa di essere impressionabili, si sono posizionati esattamente dall'altro lato della fontana. Penso: "vuoi vedere che c'è qualche fenomeno acustico legato alla forma parabolica del muro posteriore della fontana? Tipo orecchio di Dionisio...", scruto meglio i tipi che erano con me e mi dico "con quelle facce è impensabile che usino sistemi così raffinati!". Le penso tutte: un cellulare nascosto, ma anche se troppo buio non vedo nulla; un amico nascosto, ma siamo tutti lì; mi rivolgo ad un amica dicendogli sottovoce: "ho capito che è uno scherzo, ma non come fanno", l'amica sorride e tace. Continua il surreale dialogo, ad un certo punto però ci interrompiamo e ci allontaniamo un paio di metri, noto che un amico si riavvicina al punto in cui sentivamo la voce per invocare nuovamente la suora, penso che lo faccia per dare maggior credito allo scherzo, lentamente, di soppiatto mi avvicino alle sue spalle sussurrandogli "bu!": l'amico salta per aria rischiando l'infarto. Metto la mano sul suo cuore che pulsa come un martello pneumatico: la cosa mi lascia perplesso; ero convinto che fosse lui ad averlo architettato, che non ne sappia niente? Che mi sia sbagliato? Si avvicina un camion dell'immondizia e qualcosa cade per terra proprio dall'altro lato della fontana: il rumore si sente nitido anche nel punto in cui mi trovo, dopodiché mi risento chiamare, ma riconosco la voce di un'amica che si trova giusto dall'altro lato. Incredulo, più per la sottigliezza del fenomeno sfruttato che per altro, comincio a ridere con il "fantasma" fino a che un'amica sbotta: "ve lo dicevo che non funzionava con lui, fosse un decerebrato capirei, ma giusto lui, visto che se lo è sgamato subito?". Mi complimento con i ragazzi per il tentativo di scherzo (lo scherzo era ben architettato sono stato fortunato a capirlo e se fossimo stati di più e non mi avessero subito chiamato per nome non ci sarei arrivato così presto) e mi faccio raccontare di altre vittime dello stesso scherzo. Riattraversano tutti per riprendere le macchine, tranne me che mi avvicino alla fontanella di acqua potabile. Sento chiamarmi da dietro le spalle. Giuro. Raggiungo gli amici e chiedo: "Ok e ora come avete fatto?" e uno di loro: "Si dai! Ora vuoi farci credere che hai sentito qualcuno. Hai sgamato lo scherzo, ma ora tu da solo vuoi fare lo scherzo a noi? Non esagerare...". Mi giro e la strada è deserta: ho sgamato lo scherzo, ho fatto saltare per la paura uno di quelli che me lo avevano architettato e ora pensano che io voglia infierire! Io però la voce l'ho sentita...
Pensato e scritto da Nicola Rizzuti il 11/06/2008 Vota questo articolo su 4 commenti
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mercoledì 5 novembre 2008
Obamamania
"Bello bello Obama ha vinto, ma io sempre alle sette mi devo alzare domani mattina"
"Pazzesco il numero di commenti su facebook che gioivano per Obama, neanche fosse il nostro primo ministro"… è vero! Ne ho fatti anche io: potenza della comunicazione?
Patetica la corsa al "Obama è amico mio" dei nostri politici sia di destra che di sinistra.
Qualcuno spieghi a Veltroni che Obama è si un Democratico, ma per la nostra cultura è un conservatore! Un esempio? E’ contrario al matrimonio tra persone dello stesso sesso, è un cristiano convinto e praticante: è membro dell’United Church of Christ, mette al centro della sua vita la Bibbia, quando McCain gli ha dato del "socialista" si è offeso!
La cosa che più mi ha messo tristezza non è la portata dei discorsi finali dei due candidati raffrontata alla pochezza intellettuale dei nostri politici, nemmeno vedere quandi elettori di sinistra attualmente pro Obama verranno delusi dopo un annetto di presidenza, neppure l'idea che McCain sebbene sconfitto abbia parlato di Obama come del "nostro" presidente o di come Obama abbia reso "l'onore delle armi" all'avversario, quanto il fatto che lì hanno davvero un ricambio di politici; da noi la sinistra dei Veltroni, D'Alema & c. è contenta perchè spera che "il vento giri" e la destra... ma perchè esiste una destra del dopoberlusconi?
Perché diamine in America si vota con sistemi differenti a seconda dello stato o della contea?
Pensato e scritto da Nicola Rizzuti il 11/05/2008 Vota questo articolo su 0 commenti
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AAA gemello separato alla nascita cercasi
Quest’estate ero in un noto locale, aspettando che arrivassero degli amici, mi ero seduto e occupato un tavolo
uomo: "[…] Salve!"
io [non riconoscendolo]: "Buonasera… mi perdoni non ricordo dove ci siamo conosciuti, non sono un fisionomista…"
uomo: "Sono X, ricordi: ci siamo conosciuti a casa di Alfredo, tu stavi per partire per Hong Kong"
io: "Mi spiace, ma non conosco nessun Alfredo e non sono partito per Hong Kong; mi starà confondendo per qualcun altro. Io mi chiamo Nicola […]"
Il tipo si scusa, ma continuiamo a chiacchierare sullo spettacolo che ci sarebbe stato da lì a poco; qualche giorno dopo, durante un concerto jazz rincontro la stessa persona e, da lontano, ci salutiamo. Sarà che abiterà vicino casa mia, ma da allora lo vedo molto spesso e ogni volta, da lontano, ci scambiamo un segno di saluto. Curioso. Un mese fa passo davanti un negozio di vestiti sotto casa mia, negozio nel quale non sono mai entrato e mi sento salutare da quello che sospetto essere il proprietario. Non ci faccio caso. Giorni dopo passo lì davanti con mio fratello e mi sento salutare come "Signor De Luca". Essendo di fretta non mi fermo. Da allora il tipo ogni volta che mi vede si profonde in inchini: mi saluta dall’altro lato della strada. Il punto è che mi serve un maglione per l’inverno, quelli che ho si sono ristretti (ma questa è un’altra storia); il negozio in questione è anche chic e sospetto che mi farebbero anche un forte sconto. Al di là del problema etico (prenderei in giro il tipo) c’è un problema pratico: ho pochi dati. Esiste un tipo che vive nella mia città, che mi somiglia, ha un amico di nome Alfredo ed è partito per Hong Kong. Voi lo conoscete? Magari se gli porto clienti, lo sconto aumenta...
Pensato e scritto da Nicola Rizzuti il 11/05/2008 Vota questo articolo su 0 commenti
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mercoledì 29 ottobre 2008
Isteria collettiva
Diventa legge il decreto Gelmini, il famigerato decreto 137: università occupate, studenti che protestano, Di Pietro vuole un referendum; ma perchè? Mi leggo la legge e cerco di capire. Sarà per la nuova formula dell'educazione civica (cittadinanza e Costituzione)? Mi sa di no. Allora non vogliono la valutazione con voto in decimali? Beh no al Liceo si fa già, all'università no. Sarà che non vogliono il blocco delle adozioni dei libri di testo per ridurne i costi? E perchè? Sarebbe da fessi. Allora non vogliono il maestro unico per gli scolari delle elementari? Possibile? No sarà che non vogliono il rifinanziamento dell'edilizia scolastica? Non credoproprio. Ah ecco: non vogliono riconoscimenti di abilitazione ai docenti delle SSIS e dei corsi di laurea in scienze della formazione primaria! E perché no? Il voto in condotta, è quello il problema, forse. Un momento ma io ieri ho visto un servizio alle Iene in cui mi si spiegava che il problema erano i tagli; i ragazzi di chimica non potevano comprare i reagenti, giusto i tagli, ma dove sono i tagli? Vuoi vedere che la metà di quelli che protestano non sanno che protestano contro la 133/08 già varata quest'estate? No dai non ci credo, avrò letto male il decreto Gelmini...
Pensato e scritto da Nicola Rizzuti il 10/29/2008 Vota questo articolo su 0 commenti
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martedì 28 ottobre 2008
Facebook: quando la chiacchiera da cortile diventa web 2.0
Anche io sono tra coloro che nelle ultime settimane usa Facebook. Sono iscritto, per la verità da molto tempo (credo dall'anno scorso o forse prima) spinto dal mio ex coinquilino americano, iscritto da tempo immemore, che voleva farmi vedere delle foto del suo viaggio a Madrid. Negli Stati Uniti, mi spiegava, Facebook era popolarissimo tra gli studenti universitari. Dopo essermi iscritto e avere ottenuto la mia pagina con tanto di faccione, non sono più tornato, per un semplice motivo: non capivo a cosa servisse! Una volta mi sono preso la briga di fare una ricerca di tutti coloro che avessero il mio cognome e nulla più. Fino ai primi di Ottobre. Alcuni vecchi amici che non vedo mai, mi hanno contattato tramite il sito, e li ho collegati al mio profilo, poi ho collegato i profili delle persone che frequento abitualmente, la sera, parlandone, altri amici si sono incuriositi e iscritti via via con una crescita esponenziale che proprio in questi giorni ha toccato il massimo. Per quei quattro che non lo sapessero: che permette di fare in sostanza? Ci si iscrive e si ottiene una pagina online con la tua foto e i tuoi dati, puoi caricare e far vedere delle foto, degli scritti, dei video, puoi anche aggiungere e aggiornare una frase che rappresenta il tuo stato. Tutte queste informazioni posso essere condivise con altre persone da te scelte che si chiamano proprio "amici"; ora viene il bello, il sistema provvede ad aggiornarti in tempo reale di tutto quello che i tuoi amici stanno facendo, se vuoi puoi conversare con loro tramite una chat interna, puoi mandare delle mail o puoi commentare tutto quello che fanno o che pubblicano: puoi anche intervenire nelle discussioni tra due persone, basta un click e puoi vedere tutto il "Botta e Risposta" e, se vuoi, dire la tua. A questo si aggiungono le cosiddette applicazioni: programmi scritti da terze persone che estendono le potenzialità del sistema. Puoi trovare giochini scemi, rompicapi, tamagochi on line, questionari del tipo "Quale Principessa Disney saresti?" o "Quale personaggio dei Simpson", ma anche calendari automatici per essere aggiornati sui compleanni degli amici che hai collegato al tuo profilo. Fiera della frivolezza? Certamente, ma un occhio più attento fa anche capire le potenzialità nascoste e che un utente medio subisce senza rendersene conto: molte persone famose (musicisti, attori, scrittori, ma anche politici o vere e proprie società) hanno una propria pagina (non necessariamente creata fisicamente da loro) di cui puoi diventare "fan" e tramite la quale si viene aggiornati delle attività del personaggio; ci si può anche iscrivere a dei "gruppi tematici" con tanto di forum interno e che diventano veri e propri gruppi di appartenenza ideologici o di veicolazione di idee: è di oggi, per esempio, la notizia del gruppo "Uccidiamo Berlusconi"; si possono creare degli "eventi", cioè un vero è proprio annuncio di un'attività, festa, manifestazione che si terrà in un determinato luogo ad una determinata ora, distribuito contemporaneamente e a costo zero a migliaia di utenti: non devi nemmeno tenerne traccia sarà il sistema a ricordartelo! Insomma Facebook sta diventando un vero e proprio regno del marketing virale. Sorvolando sui vari problemi di tutela della privacy, se infatti non si settano bene le opzioni in merito, il tuo profilo e conseguentemente tutto ciò che fai, scrivi o ti dicono è visibile a chiunque, anche ai motori di ricerca, andando oltre i problemi ben espressi in questo post, rimane un dubbio: perchè diamine ritornarci ogni giorno? Io una risposta me la sono data, checchè ne dicano esperti e sociologi, la verità è una: Facebook piace perchè permette facilmente di farsi i cazzi altrui! Sapere chi è single e chi non lo è, chi ha lasciato chi e chi esce con chi e dove, vedere le ultime foto e spettegolare a più non posso! Dopo avere assistito a migliaia di reality e corteggiamenti in esterna, ora ognuno ha la possibilità di osservarne uno interpretato da se stessi e dai propri amici, con tanto di nomination e dibattito in studio!
Pensato e scritto da Nicola Rizzuti il 10/28/2008 Vota questo articolo su 6 commenti
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mercoledì 22 ottobre 2008
Carlo Scarpa: Villa Ottolenghi
Mi accingo ad eseguire l'ennesimo trasloco in un nuovo appartamento. Trasloco temporaneo, per consentire i lavori di ristrutturazione della bettola in cui attualmente alloggio. E' una sensazione strana percorrere una casa vuota: riesci a leggere non solo la vita di chi ti ha preceduto, ma anche come si svolgerà la tua. Adocchi un angolino particolarmente illuminato di fronte una finestra e pensi che li metterai una bella scrivania per leggere e guardare fuori. Osservi la distribuzione delle stanze, come si connettono, come è possibile renderle indipendenti o accorparle e ti rendi conto che tutto questo ha influenza su come condurrai la tua vita, anche se per poche settimane. Il legame che si crea tra una casa e chi la abita è profondo e indissolubile, per questo ho sempre pensato che il progetto di una abitazione, benché semplice in termini di strutture e dimensioni, è forse uno dei temi più complessi che l'architettura pone. Ricorda, per certi versi, il classico "tema sulle vacanze estive" che ci attendeva puntuale a scuola: compito che poteva benissimo essere lasciato alle elementari come alle superiori, ma che facendo leva sulla diversa maturità dell'alunno prevedeva approcci diversi per la sua composizione. Così è la casa: sia essa villa o appartamento, è solo la sensibilità del progettista che fa la differenza: delineando una corretta distribuzione; rispondendo in pieno alle esigenze e alle richieste del committente; anticipandolo nelle intenzioni, suggerendo nuovi modi di abitare; trasmettendo emozioni. Capii questa cosa, quando ebbi modo di studiare Villa Ortolenghi di Carlo Scarpa.
Scarpa è sicuramente una delle figure più particolari dell'architettura moderna italiana, sebbene abbia studiato architettura all'Accademia delle Belle Arti, non ottenne l'iscrizione all'Albo Professionale, mancanza che gli procurò diverse diatribe giudiziarie; solo molto più avanti ricevette la laurea honoris causa in Architettura, benché avesse già ricoperto la carica di rettore dell'Istituto Universitario di Architettura di Venezia dal 1971 al 1974! Tra l'altro Scarpa è uno dei pochi maestri moderni che abbia lasciato traccia di sé a Palermo, avendo curato la trasformazione di palazzo Abatellis. Descrivere Villa Ottolenghi non è semplice, una prima occhiata alla sua planimetria lascia intendere già l'originalità di certe soluzioni. Ad esempio non esiste una facciata principale, ne è semplice determinare una forma o delle geometrie di fondo; il lavoro di Scarpa si basa molto sulla percezione visiva, su ciò che il visitatore deve e non deve vedere durante la permanenza in una sua architettura. Insomma quasi più un regista che un progettista. Forse quindi è più facile descriverla immaginando di visitarla.
Anzitutto collochiamola dal punto di vista cronologico e geografico; villa Ottolenghi costruita tra il 1974 e il 1979, essendo Scarpa morto nel 1978 e avendo l'abitudine di modificare continuamente in cantiere i propri lavori, rimandando molte scelte all'ultimo minuto ("come posso decidere la bontà di una forma, di una sagoma, di una connessione se non la vedo?"), occorre precisare che alcune soluzioni come il coronamento dei camini, gli infissi nella stanza dei ragazzi, la colorazione del camino e il suo completamento sul tetto sono postume e da attribuire ai suoi collaboratore Giuseppe Tommasi e Guido Pietropoli, i quali ovviamente hanno fatto tesoro degli schizzi e delle comunicazioni verbali del maestro; la Villa si trova a Bardolino vicino Verona ed è situata su un terrazzamento con vigna lungo il pendio che scende dalla riva del lago di Garda.
La casa è posta all'estremità dell'appezzamento per non intaccare il vigneto, incuneandosi nel terrapieno, risultando quindi in parte ipogea, per rispettare la volumetria prevista dalla normativa comunale. La casa si configura come il prolungamento del pendio, interrotto dal terrazzamento. Il fulcro concettuale di tutta l'opera sono le nove grandi colonne che perimetrano il soggiorno e sorreggono la copertura, emergendo sul tetto. Le parti del fabbricato sembrano scorrere e slittare leggermente attorno alle cerniere delle colonne, conferendo una minore rigidità agli allineamenti ortogonali. Dalla strada che segue il ciglio superiore del terrapieno, resta in vista soltanto il tetto, immaginato da Scarpa come un "breve spazio di terrapieno accidentale, su cui si potrà anche camminare". La fascia in corrispondenza dello sbancamento è ricoperto da una superficie erbosa; l'altra parte della copertura, rivestita in cotto deriva dalla giustapposizione di piani triangolari diversamente inclinati e in corrispondenza dei vertici affiorano le sommità delle colonne.
Una scaletta tortuosa scende nella spaccatura, da cui prendono luce gli ambienti sotterranei, e collega la strada con con un passaggio che circonda il settore interrato dell'edificio, quasi come una trincea. Il caminnamento angusto e le superfici curve che interrompono il muro di sostegno creano accelerazioni e deformazioni prospettiche che l'autore paragona alle prospettive sghembe di tante predelle protorinascimentali. Dal vestibolo si passa in un percorso interno che si affaccia sul soggiorno disimpegnando le camere ipogee, immerse nella penombra. Il "cuore della casa" è uno spazio fluido, scandito dalla successione delle colonne , dalla quinta scenografica dei contenitori, del camino del blocco bagno. Non ha limiti ben definiti: il soffitto si piega parallelamente alle inflessioni del tetto, il pavimento è organizzato in dislivelli che seguono il pendio, le bucature sono allineate in maniera tale da consentire visuali che penetrano negli ambienti più distanti o che attraversano la casa da una parte all'altra; le superfici riflettenti delle vetrate, degli specchi d'acqua (elemento compositivo tipico dell'architettura di scarpa), moltiplicano le visioni e forniscono immagini del lago intravisto tra gli alberi, infatti i setti murari e le griglie degli infissi incorniciano l'ambiente circostante non rivolgendosi però verso il lago, come tutte le residenze turistiche nei dintorni, ma verso la vigna e l'oliveto che diventano protagonisti. I singoli elementi non risultano isolati, pur mantenendo una potenziale autonomia formale, non perdono di vista il loro compito nel gioco d'assieme, basti pensare al pavimento che seppur interrotto da continui dislivelli e reso uniforme dalla continuità del materiale: graniglia di cemento lucidata, decorata con frammenti di cotto che disegnano una elegante ragnatela. Per l'intonaco esterno scarpa preferisce rinunciare all'impiego di tecniche e materiali costruttivi locali, ma esalta il genius loci del luogo utilizzando un intonaco granuloso al quale si avvinghiano i rampicanti.
La ricercata commistione tra natura e architettura è una costante nel lavoro di Scarpa, prova ne è la famosa frase attribuitagli: "Se vuoi essere felice per un'ora, ubriacati. Se vuoi essere felice per tre giorni, sposati. Se vuoi essere felice per una settimana, uccidi un maiale e dai un banchetto. Se vuoi essere felice per tutta la vita, fatti un giardino."
Se il lavoro di questo autore vi ha incuriosito, per maggiori informazioni potete consultare il bellissimo libro "Carlo Scarpa. Villa Ottolenghi" di Francesco Dal Co, il sottoscritto si riserva anche di fare notare che il libro sarebbe un regalo gradito!
Le foto sono tratte dalla fototeca del CISA Andrea Palladio, i diagrammi sono opera di Addison Godel e sono tratte da Flickr.
Pensato e scritto da Nicola Rizzuti il 10/22/2008 Vota questo articolo su 10 commenti
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lunedì 20 ottobre 2008
Ottobrate palermitane
autoillusione
io: "Accidenti abbiamo fatto le 3.15 di notte, non me ne ero accorto"
amica: "Beh lì basta prendere una birra e puoi stare seduto quanto vuoi; anche se il locale chiude, perchè lasciano i tavolini fuori"
io: "da ritornarci..."
amica: "Si, ma quando farà freddo..."
io: "... troveremo un locale analogo"
amica: "Ma non credo che esista"
io: "Esiste, esiste! Deve esistere"
amica: "Io non credo che..."
io: "Ho detto che lo troviamo!"
autostima
io: "[...]e lei disse?"
amica1: "parlando di me, mi definì quella perla di ragazza"
amica2: "perla o pirla?"
autoritratto
amica: "[...] durante la festa della ricerca un tipo è venuto al nostro stand è ha voluto spiegato lo scanner tridimensionale..."
io: "Quello che poi, collegato a quella specie di stampante permette di creare oggetti tridimensionali?"
amica: "Si! E mi fa: "certo che sarebbe utile per inserirci il cadavere di un parente per poterne creare un busto da tenere", ma ti rendi conto? Ma come si fa a pensare di infilarci un cadavere? "
io: "Perchè sta bello fermo e la scansione non gli viene mossa!"
Pensato e scritto da Nicola Rizzuti il 10/20/2008 Vota questo articolo su 5 commenti
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mercoledì 8 ottobre 2008
Deus non vult!
Lo so. Non ho azzeccato nemmeno un numero. Dio non ha voluto. Dio ha grandi progetti per me e per voi: ha incrementato il jackpot, arrivato adesso a quasi 77 milioni di euro! Ricordate: "longo è lo cammino, ma grande è la meta!". Ricordate di non giocare più di 6 numeri, insomma di giocare massimo 1-2 euro; giocare pochissimo e puntare alla grande vincita è l'unico modo per rendere più equo (in senso matematico) un gioco che equo non è (la speranza matematica è del 34%) e soprattutto non giocate sistemi: il concetto stesso di sistema nei giochi ad estrazione è sbagliato, diverso invece il caso per i concorsi a pronostico come il totocalcio...
Pensato e scritto da Nicola Rizzuti il 10/08/2008 Vota questo articolo su 10 commenti
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martedì 7 ottobre 2008
Deus vult!!!
Con i recenti accadimenti posso asserire che la sfiga che si è accumulata sopra la mia testa ha ormai raggiunto una massa critica; statisticamente parlando ho diritto ad una botta di cu... ehm di fortuna. Dio lo vuole. Stamani leggo sul giornale che il jackpot del superenalotto è giunto a 73 milioni di euro. Lo so, vi ho tediato con la statistica: 1 possibilità su oltre seicento milioni, ma, dico io, se deve essere colpo di cul... ehm di fortuna deve essere incisivo, considerando che qui di trom*@re non se ne parla,sembra che il lotto sia la mia via. Per cui stasera giocherò. Poco, sei numeri, ma li gioco. Dato che l'influsso maligno potrebbe essere ancora sopra la mia testa, beffa atroce potrebbe essere che miei amici che sto convincendo a giocare vincano e io no. Io ve lo dico, uscite e giocate 27, 76, 63, 23, 32, 2, o altri numeri, ma se vincete pretendo il 10%!
Pensato e scritto da Nicola Rizzuti il 10/07/2008 Vota questo articolo su 2 commenti
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Vivo dentro "Will & Grace"
improvvisamente la stanza da pranzo si riempie di puzza di plastica bruciata, chiamo i vigili del fuoco
coinquilino musicista: "stanno arrivando?"
io: "dicono che a 200 metri da qui ci sono delle auto in fiamme. Avevano già ricevuto la segnalazione e se ne stanno occupando"
coinquilino fashion: "Gèeeesu!"
coinquilino musicista: "auto in fiamme? a duecento metri"
coinquilino fashion: "Bedda màaaatri!"
coinquilino medico: "ma hai la macchina posteggiata qui vicino?"
coinquilino musicista: "si... qua sotto in piazza..."
coinquilino fashion: "Maaaaatri mìiia: controlla!"
coinquilino musicista: "Che dici?"
io: "Senti con la fortuna che abbiamo per ora, io mi porterei già un estintore!"
Pensato e scritto da Nicola Rizzuti il 10/07/2008 Vota questo articolo su 4 commenti
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giovedì 2 ottobre 2008
Sarà un lungo inverno
coinquilino fashion: "Giii, ma sto materasso è tutto impolverato... sono allergico agli acari, mi viene la tosse... eppoi ho il nervo sciatico è troppo morbido"
io: "E' un bene che hai il nervo sciatico, potresti tagliarti una gamba e non accorgertene se non lo avessi...sbattilo un po' e passaci qualche spray, noi abbiamo fatto così"
coinquilino fashion: "Mmmm, ma pensi che il padrone di casa me lo cambia?"
io: "Non credo proprio, al massimo lo compri e te lo porti quando cambi casa; giù c'è un negozio, ti ci accompagno"
coinquilino fashion: "Noooooo, mi vergogno"
io: "Di cosa?"
coinquilino fashion: "Di camminare in giro con un materasso, mi vergogno!"
io: "Che fa? Allora, scusa, la carta igienica non la compri?"
coinquilino fashion: "La nascondo bene nel sacchetto! Imparerari a conoscermi..."
io: "E' quello che temo..."
Pensato e scritto da Nicola Rizzuti il 10/02/2008 Vota questo articolo su 6 commenti
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mercoledì 1 ottobre 2008
Corso monografico
Abbiamo un nuovo coinquilino...
coinquilino musicista: "ma com'è il nuovo coinquilino?"
io: "ehm... molto... diciamo... raffinato..."
coinquilino musicista: "ah, ma da cosa lo deduci?"
io: "beh a parte il poster della Carrà, cominciamo col dire che si è presentato con le riviste della collezione completa di Gianni Versace catalogate per anno..."
coinquilino musicista: "ah... beh ma credo che sia iscritto al DAMS, sarà il corso monografico!"
Pensato e scritto da Nicola Rizzuti il 10/01/2008 Vota questo articolo su 3 commenti
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Shit happens... e due
vicina: "Vi hanno svaligiato? davvero?"
io: "Già, stai attenta"
vicina: "Io sono sola, se ho paura o sento rumori, vi busso e dormo da voi!"
io: "Non ti volevo traumatizzare, stai tranquilla. Verrebbero solo se non c'è nessuno a casa..."
vicina: "Lo spero, comunque vengo da voi; se sto con dei ragazzi magari hanno paura"
io: "Paura? Di noi? Ma ci hai visto bene in faccia?"
Pensato e scritto da Nicola Rizzuti il 10/01/2008 Vota questo articolo su 0 commenti
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Shit happens
Ho un amico che dice che devo essere "Zen"; secondo lui dovrei prendere le cose con filosofia. Non scervellarmi del perchè le cose succedono e del perchè succedono sempre a me. In effetti egli ha fatto dello "shit happens" la sua filosofia di vita. Probabilmente ha ragione, eppure secondo me i segnali dal cielo erano arrivati, dovevo solo capire che non erano semplici scagazzate di uccelli! Vi comunico che
- dopo essere stato sfrattato
- dopo avere traslocato in una bettola
- dopo essere stato protagonista del più tragicomico incendio che storia ricordi
- dopo che si è guastato il cellulare
- dopo che mi hanno aumentato l'affitto
- dopo che mi è piovuto dentro
- dopo che mi è arrivato un coinquilino maschio come lo potrebbe essere Clarabella
- dopo altre quattro o cinque cose personali di cui è meglio non scrivere...
Domenica mi hanno svaligiato casa: rubandomi pc portatile, hard disk esterno, penna usb, mouse e cavetti vari, custodia, calcolatrice grafica, calcolatrice scientifica, portachiavi in oro, dopobarba regalato e non usato (!) senza considerare quello preso ai miei coinquilini e i danni alle cose e agli oggetti. Considerando che
- è stata l'unica volta in vita mia che ho lasciato il pc a casa una volta tanto che andavo dai miei, per una festa di compleanno che tra l'altro non si è festeggiata
- che ho perso due anni di dati personali
- che avevo i backup ma si trovavano nella custodia del pc
sono sereno. Lo giuro. Giuro anche però che al primo che mi dice o che commenta, come è successo: "devi scrivere un libro" o "ma tutte a te capitano?" o "dai non ci credo" lo impalo!
Pensato e scritto da Nicola Rizzuti il 10/01/2008 Vota questo articolo su 6 commenti
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martedì 23 settembre 2008
Uomini
io: “Come mai questa improvvisata?”
amico: “non ci vediamo mai… avevo voglia di fare qualcosa di diverso… avevo tempo… mi sono detto: vado a trovare Nicola”
io: “Lei ti ha mollato eh?”
amico: “Già…”
amico1: “[…] dovevi essere più presente”
amico2: “tu con questa fissa del lavoro: che poi mi credi che non ho capito che diavolo di lavoro fai?”
amico3: “Ma quando mai! Io sono sempre stato presente: c’ero quando sua madre è stata male, c’ero quando ha perso il lavoro, c’ero quando ha avuto il nodulo al seno, c’ero quando si è rotta i legamenti”
io: “non sarà che le portavi sfiga?”
amico: “[…] però dai ci siamo divertiti!”
io: “come no…”
amico: “Ci vogliono queste serate da veri uomini: ubriacarsi, abbordare ragazze, partire con la macchina, non pensare a nulla!”
io: “ah –ah… quanti sms le hai mandato stasera?”
amico: “Ventitre!”
Pensato e scritto da Nicola Rizzuti il 9/23/2008 Vota questo articolo su 4 commenti
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sabato 20 settembre 2008
Savvatore
Più vado avanti e più me ne convinco: vivo in una grande sit-com. Non si spiega altrimenti il fatto che la mia quotidianità sia popolata di personaggi bislacchi. Salvatore (leggasi con forte accento siculo Savvatore) è uno di loro. Muratore, idraulico, elettricista, pittore, uomo di fatica, fabbro, filosofo, opinionista e calciatore: potremmo definire Savvatore un "uomo dal multiforme ingegno" se non fosse che egli non eccelle in nessuna di queste attività! Savvatore è l’uomo di fiducia (chissà poi perché…) del mio condominio: qualunque riparazione, costruzione o restauro viene affidata a costui. Con risultati devastanti. Come Michelangelo anche Savvatore ha una propria poetica del non finito, ma contrariamente al sommo, per Savvatore non è una scelta è proprio inettitudine a terminare il lavoro. Che non sia un ‘mastro’ qualunque lo si capisce già dal nome: non "Salvo", non "Totò", non "Sasà" solo Savvatore, con due ‘v’. Intendiamoci non è una cattiva persona è solo che non si sa organizzare, anzi come disse qualcuno: "non lo fa perché vuole fregarti è che è… limitato". I preti padroni di casa hanno affidato la ristrutturazione di un terrazzo sopra la mia cucina a Savvatore. Doveva solo rifare l’impermeabilizzazione, dopodiché riparata l’infiltrazione qualcun altro avrebbe potuto ridipingere la bettola in cui vivo (avevamo posto come condizione che non fosse Savvatore a ridipingere). Sì, lo so che avete capito: ha levato le mattonelle, ha levato la vecchia impermeabilizzazione, ma non ha coperto con un telo cerato in attesa di completare il lavoro, così che alla prima pioggia dopo 6 mesi la mia cucina (insieme alla sala pranzo e ad una camera) si è allagata trasformandosi in doccia. Credetemi non sono arrabbiato perché alla 4 di notte, alzatomi per andare in bagno, stavo per scivolare sulla pozzanghera, sfracellandomi sul muro di fronte; nemmeno perché ho dovuto asciugare e nemmeno perché rischiavo di rimanere folgorato accendendo la luce; sono arrabbiato perché mi sono perso la sua faccia mentre diceva, al mio coinquilino e al mio padrone di casa che gli facevano vedere il danno: "mi pare tutto a posto!"
Pensato e scritto da Nicola Rizzuti il 9/20/2008 Vota questo articolo su 2 commenti
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mercoledì 17 settembre 2008
Resti tra noi
A casa mia e tra i miei amici godo fama di esperto in tecnologie. C'è da comprare un computer? Mi si chiede un parere; qualcosa non funziona? mi si chiede di dare un'occhiata. Se qualcuno viene anche a sapere che, a tempo perso, scrivo programmi di scacchi, appaio ai suoi occhi come una sorta di guru. Resti tra noi e non ditelo in giro, ma la fama è immotivata. So montare un sistema wi-fi? Ho semplicemente seguito le istruzioni! Le stampanti/scanner non hanno segreti per me? Prima di collegarle faccio un giro su Internet per vedere se qualcuno ha avuto problemi, al più scarico dei driver aggiornati. Un virus infesta il PC? Non ci vuole molto a trovare un porn.exe da cancellare. Nonostante questo, nonostante cerchi di spiegare cosa ho fatto, non c'è nulla da fare, mi guardano come un taumaturgo! Tra i miei adepti c'è anche il proprietario dell'ottimo bar sottocasa, meta quotidiana delle mie colazioni mattutine; una volta gli permisi di risparmiare un centinaio di euro che un sedicente tecnico voleva estorcergli, semplicemente riattacando un cavo della scheda madre del suo nuovo PC. Da allora, al bar, sono un privilegiato: non mi vengono rifilate le paste del giorno prima, mettono di lato le ciambelle che mi piacciono tanto, mi avvisano che più tardi faranno la pasta al forno che preferisco e ogni tanto becco pure lo sconto. Il problema è che il barista, da noi soprannominato Fabio Fazio, per l'inquietante somiglianza col suddetto presentatore, ha travisato la mia competenza tecnologica con onniscienza. Da un po' si è anche appassionato a Discovery Channel e ogni giorno mi chiede puntualmente spiegazioni: un giorno sul calcestruzzo armato, un giorno sul funzionamento di un solaio, un giorno sulle Formula 1 e così via; resti tra noi, ma a molte cose ci arrivo con il buon senso, non perchè sia un genio. Da qualche mese però la cosa si è fatta più ostica oltre a lui ci sono moglie, figlio e cognato pasticcere che chiedono spiegazioni: calcio, Alitalia, inflazione... dovevate vedermi spiegare le basi di funzionamento di un ciclotrone con una ciambella, preoccupati com'erano del buco nero che li avrebbe potuto inghiottire! Non nego che poi ho fatto una ricerca per non fare cattiva figura e ho replicato una spiegazione migliore la sera. Insomma mi aspettano al varco: fossimo soli andrebbe anche bene, ma ormai mi attendo gli altri avventori abituali del bar; non riesco più a fare colazione.
Resti tra noi, io rivoglio la mia ciambella mattutina: cosa diavolo sono i mutui subprime?
Pensato e scritto da Nicola Rizzuti il 9/17/2008 Vota questo articolo su 3 commenti
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venerdì 5 settembre 2008
Il mio non è un cane normale
Si dice che i padroni di animali pensino che la propria bestiola sia diversa da tutte le altre. Io non posseggo cani per tutta una serie di motivi, mi basta Antonio, ma credo che sia vero.
io: "Ma perchè non partite?"
amica1: "Perchè i miei non ci sono e non ho a chi lasciare il cane"
io: "Tua sorella?"
amica1: "Si, ma poi il mio cane si troverebbe male fuori da casa sua. Ha le sue abitudini. Sai il mio non è un cane normale."
amica2: "[...] pure il mio cane mi fa venire i sensi di colpa"
io: "In che modo?"
amica2: "Per ora ci bado io, visto che i miei non ci sono; la mattina devo andare a lavoro e torno tardi e non ci posso badare e stamattina mi teneva il broncio"
io: "Scherzi?"
amica2: "No! Sai, il mio non è un cane normale!"
amica3: "Non si lava! Come si fa a fargli capire che puzza?"
io: "E' capitato anche a me con il mio ex coinquilino, ho risolto passandogli davanti con il naso tappato"
amica3: "Ha capito?"
io: "Abbiamo contrattato una doccia a giorni alterni. Poi ho scoperto che usava uno spray"
amica3: "Deodorante?"
io: "Oust!"
amica3: "Mi vuoi dire che si metteva l'Oust sotto le ascelle?"
io: "Sai il mio non è un coinquilino normale"
Pensato e scritto da Nicola Rizzuti il 9/05/2008 Vota questo articolo su 5 commenti
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Less is more
Da qualche giorno ho installato e uso Chrome, il nuovo gratuito browser di Google. Leggero, essenziale nell'interfaccia, stabile, veloce, con un po' di sana ironia (le opzioni "da smanettone" per esempio). Hanno già trovato qualche problema di sicurezza e ci sono perplessità sull'uso dei dati che google potrebbe fare; mi piace lo stile dell'interfaccia: quasi spartana, è una tendenza che vedo anche nei nuovi programmi da Office a Autocad 2009. Ho subito risolto il problema della mancanza del tasto home attivandolo dalle opzioni (chissà perchè non è attiva di default), e mi aspetto, a breve, una integrazione delle principali estensioni di Firefox. Resta solo un dubbio: perchè non riesco a scorrere le pagine tenendo pressata la rotellina del mouse?
Pensato e scritto da Nicola Rizzuti il 9/05/2008 Vota questo articolo su 0 commenti
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Antietà
accompagnando mia madre in una nota profumeria
madre: "Cerco quelle fialette 'rilassanti' per il viso e il contorno occhi"
commessa: "Si certo, ma abbiamo anche questo trattamento completo [...] lo consiglio caldamente"
madre: "Ma quanto costa?"
commessa: "E' in promozione! Soltanto 180 euro!"
madre (a me): "Che dici? Mi sembra molto caro..."
io: "Secondo me un pellegrinaggio a Lourdes e relativa immersione ti costerebbe meno e darebbe risultati più sicuri"
Pensato e scritto da Nicola Rizzuti il 9/05/2008 Vota questo articolo su 3 commenti
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domenica 31 agosto 2008
Mizar new web site
Pensato e scritto da Nicola Rizzuti il 8/31/2008 Vota questo articolo su 0 commenti
sabato 30 agosto 2008
Curricùlum
in una estate così scialba da non meritare nemmeno un tormentone musicale, questa si candida come frase della stagione:
amica: "non devi pensare che siccome lei se ne è fatti diversi sia necessariamente brava, i tipi che si è portata a letto fanno curriculum, ma devi tenere conto di quanti poi hanno voluto riprovare!"
Pensato e scritto da Nicola Rizzuti il 8/30/2008 Vota questo articolo su 7 commenti
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giovedì 28 agosto 2008
Facili ironie
La situazione è seria e non è facile scherzarci su, parliamo di posti di lavoro perduti e gente che verrà licenziata o alla meglio messa in cassa integrazione, soprattutto nessuna ironia sulle qualità umane e professionali del manager in questione; però, quando ho sentito Brunetta dire che il grave, difficile ma non impossibile compito di gestire la parte cattiva della compagnia con i problemi, i debiti, le eccedenze di personale, le tecnologie, gli hub, spettava a Fantozzi, non ho potuto fare a meno di immaginare il manager in questione esclamare "come è umano lei!".
Pensato e scritto da Nicola Rizzuti il 8/28/2008 Vota questo articolo su 2 commenti
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lunedì 25 agosto 2008
Ei fu
In principio fu un Motorola Tacs, un piccolo mattoncino che nel lontano 1994 mi costò quanto un computer portatile. Dissi: "mai più 8 numeri in rubrica senza il nome".
Poi fu la volta di un GSM Philiphs Savy, un discreto cellulare, molto facile da usare, ma poco robusto. Dissi: "mai più Philips".
Poi fu la volta di un Motorola Elite, piccolo, leggerissimo, funzionale, ma dallo schermo delicatissimo. Dissi: "mai più telefoni a conchiglia".
Poi fu la volta, per un breve periodo, prestatomi da un amico, di un N-Gage. Ottimo telefono, ingombrante, ma molto funzionale, splendidi videogiochi e incredibile gestione della sim. Dissi: "mai più cellulari che non capisci come appoggiare all'orecchio".
Poi fu la volta di un Motorola E365. Buon telefono, ma pessimo T9, che da qualche giorno ha problemi di audio. Dico: "mai più Motorola, se comprano tutti Nokia un motivo ci sarà".
Non ho grandi pretese: vibracall, ampia rubrica, facilità di gestione dei numeri memorizzati in sim e in cellulare, possibilità di scaricare la rubrica su un pc, possibilità di usarlo come modem, buon t9 e possibilmente una radio incorporata.La TIM mi fa 60 euro di sconto su un Samsung SGH-i450 e ha tutto quello che cerco, ma ho appena scoperto che esiste un modello con una particolarità che ho sempre cercato e non pensavo esistesse: due sim nello stesso cellulare che funzionano all'unisono! Dico: "estic@zzi e ora che compro?"
Un tipo per cui devo fare un lavoro non retribuito e che non ho ancora completato mi chiama, ma non sento nulla, posso quindi inventare una scusa e rimandare l'incontro. Dico: "mi sa che il vecchio telefono non lo abbandono"!
Pensato e scritto da Nicola Rizzuti il 8/25/2008 Vota questo articolo su 2 commenti
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domenica 24 agosto 2008
Per non prendersi mai troppo sul serio...
Pensato e scritto da Nicola Rizzuti il 8/24/2008 Vota questo articolo su 0 commenti
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sabato 23 agosto 2008
Volevo essere il demone di Laplace
Pensieri sparsi di mezza estate sulla vita, sulla casualità e sugli eventi a bassa probabilità.
Devo ricordarmi di limitare i post sulla statistica e sul calcolo della probabilità, sembro un invasato. Come se per giustificare o scegliere ogni mia azione usassi le statistiche. Peccato perché questi post sono tra i più letti. Non ci credete? Vi faccio vedere le statistiche!
A parte gli scherzi, una mia amica mi rimprovera di essere troppo razionale, troppo calcolatore. Non è così, almeno credo, sono guardingo questo si, perchè benchè sia un convinto sostenitore dell'essere artefici del proprio destino, so che non viviamo in un universo deterministico. Ovvio che mi piacerebbe essere come il demone di Laplace, ma so che è impossibile. Per questo mi stupisco di quanto poco la gente tenga in considerazione la probabilità.
In effetti il calcolo della probabilità è noioso, e pensare tutto nacque da un carteggio epistolare tra Pascal e Fermat a seguito di una domanda fatta a Pascal dal suo amico Antoine Gombaud, un nobile francese, per sapere se in un determinato gioco di dadi, avesse più probabilità di vincere il banco o il giocatore. Insomma la teoria della probabilità è il compagno fidato dei giocatori d’azzardo.
Certo il fatto che poi Pascal arrivò a dimostrare(!) che molto probabilmente non valeva la pena dedicarsi allo studio della matematica quanto piuttosto a Dio, non depone a favore dello studio della teoria delle probabilità. Avesse almeno parlato di donne...
Per la cronaca, nel gioco di cui sopra, le probabilità erano a favore del banco. Ecco se anche vi stufaste a leggere tutto il post, ricordate sempre: "Il banco vince sempre. Se giochi a lungo e non cambi mai la posta il banco ti frega … a meno che quando si presenta la mano giusta non scommetti il massimo e te lo porti via tu …il banco!" Come dice George Clooney a Brad Pitt in Ocean’s Eleven!
Uscito insieme con mio padre, incontriamo un suo vecchio amico che sapevo avere avuto gravi problemi di salute. Talmente gravi da costringerlo ad un trapianto. Mentre discutiamo noto che ha una sigaretta in mano. Dopo un caffè al bar gli offriamo un passaggio in macchina…
amico: “si, cinque minuti che prima mi fumo un'altra sigaretta!”
padre: “… ma tu fumi? Ma come? Dopo quello che hai avuto?”
amico: “Io sono vivo per caso. Tu non hai idea delle sequenze di casualità che si sono messe in moto quando mi sono ammalato. Per caso mi sono sentito male in ospedale, per caso il medico del pronto soccorso aveva diagnosticato una cosa simile pochi giorni prima e mi ha fatto gli esami giusti e ha iniziato la terapia adatta, per caso si trovava in quell’ospedale un altro famoso medico che mi ha operato e mi ha messo in lista per un trapianto, per caso sono balzato in testa alla classifica, per caso un ragazzo è morto in un incidente e aveva un organo compatibile con me e non con quelli davanti a me in lista. E potrei continuare. Insomma io sono un caso su un milione, forse anche di più. Si vede che non era la mia ora: sono diventato fatalista, se devo morire, morirò lo stesso che io fumi o no!”
Un amico dopo avere letto il post sulla legge dei grandi numeri e il lotto mi ha detto: “ho capito che tutta la storia dei numeri ritardatari è una bufala, ma non credo che tutti i numeri possano uscire con la stessa probabilità, per esempio su nessuna ruota uscirà mai 1, 2, 3, 4, 5!”. In effetti è vero, non credo che una serie di numeri consecutivi sia mai uscita, eppure matematicamente ha la stessa probabilità di uscire di una serie come 23, 3, 57, 44, 68 che ci appare molto più plausibile.
Il fatto è che quando ci chiediamo se potrà mai uscire la sequenza 1,2,3,4,5 non parliamo di probabilità, ma di casualità. In sostanza ci aspettiamo che la sequenza di numeri estratti su una ruota del lotto sia casuale, mentre la sequenza 1,2,3,4,5 è regolare (cioè è individuabile una legge che la genera). Nel lotto sappiamo che tutti i numeri hanno un’uguale probabilità di uscire, quindi l’istinto ci dice che i numeri si distribuiranno lungo tutto l’intervallo [1, 90] e che gli elementi successivi della sequenza saranno indipendenti tra loro. In effetti, non tutte le sequenze di numeri possono dirsi casuali, ci sono dei test appositi per stabilirlo.
Ad ogni modo la probabilità a volte non segue il senso comune, ci sono paradossi molto famosi, come quello di Monty Hall o dei due bambini o delle tre carte.
Le probabilità di fare 6 al superenalotto, giocando 6 numeri, sono di 1 a 622.614.630 cioè quasi lo 0,00000001%; eppure il 4 Maggio 2005 alcune persone hanno vinto, con un sistema, oltre 72.000.000 di euro. Il fatto che un evento sia a bassa probabilità non significa che sia impossibile a realizzarsi. Gli scienziati sostengono che le probabilità che un asteroide colpisca la Terra sia di 1 a 1.000.000 il che significa che nel corso dei sette milioni di anni durante i quali la nostra specie ha passeggiato su questi lidi, la Terra dovrebbe essere stata colpita non una, ma sette volte! Eppure siamo ancora qui. Quello che voglio dire a proposito degli eventi a scarsa probabilità non è che verremo tutti spazzati via da un asteroide, quanto che: la sfiga esiste!
Mettiamola così: esistono eventi con diverse probabilità, dalle più probabili alle meno probabili. Riguardo a queste ultime, se sono positive per noi le chiamiamo colpi di fortuna (per non essere scurrili) altrimenti diamo colpa alla sfortuna.
Durante quest'ultima settimana ho cercato di recuperare un po' di mare. Prima giornata nuvolosa, con gli amici che cominciano a scherzare: "arrivi tu e il sole va via". La mia autostima è forte si sa. Poi invasione di meduse, gli amici sghignazzano. Tocca ai divieti di balneazione, amici con le lacrime agli occhi. Tutto finito? Assolutamente no, ricordate: la sfiga esiste. Domenica pomeriggio ad un certo punto in spiaggia si diffonde una voce: le spiaggie di Mazara e Selinunte sono state colpire da uno tsunami. Non scherzo. Non so se sia stato un scherzo o una caso di follia collettiva, ma domenica pomeriggio migliaia di persone sono fuggite dalla spiaggia convinte che uno tsunami stesse per colpire e sommergere la costa meridionale della Sicilia. Ora il dubbio che fosse un abbaglio mi è venuto ("va bene che gli eventi a bassa probabilità accadono, ma qui si esagera..."); all'orizzonte non si vedeva nulla se non che un po di foschia, ma nel dubbio si è abbandonato la spiaggia. Il panico è stato talmente tanto che il Sindaco è stato costretto ad indire una conferenza stampa insieme alla capitaneria di porto in cui si assicurava che nulla era successo o stava per succedere.
Giorni dopo incontro un amico con cui si commenta l'accaduto
amico: "[...] figurati che avevo convinto mio zio a venire in spiaggia dopo vent'anni che non veniva!"
io: "si è spaventato..."
amico: "macchè! Ha detto che dopo vent'anni che non andava in spiaggia poteva venire pure l'onda anomala, ma lui non si spostava!"
La sfiga esiste. Dobbiamo arrenderci? Assolutamente no. Bisogna pensare come i giocatori di poker. Disse uno di loro: "Un giocatore d'azzardo, uno che scommette sui cavalli o su eventi sportivi, sui vari giochi del casinò o sulle gocce di pioggia che scorrono sui vetri, è una persona che punta su probabilità sfavorevoli. Un giocatore di poker se sa il fatto suo, è una persona che punta su probabilità favorevoli. Il primo è un romantico, il secondo un realista."
Il mio amico R., quello di "sparare e muoversi" per intendersi, mi insegnò i rudimenti del gioco e poi mi diede un consiglio: "Il segreto per vincere? Butta via le carte, butta via le carte e poi ancora butta via le carte. Ci sono dei piatti che sono tuoi di diritto, perchè le carte buone, statisticamente capitano a tutti. Le tue occasioni nessuno te le può togliere. Ma se vuoi vincere alla lunga, quello che devi fare e stare basso e risparmiare quando il piatto è dell'avversario: devi rispettare le sue carte e non dargli i tuoi soldi". Penso che si possa applicare alla vita.
Chi lo chiama carpe diem, chi non arrendersi, chi sparare e muoversi; forse la migliore definizione è quella data dal Guzzanti-Tremonti: "il cetriolo globale che gira: oggi colpisce me, domani te!"
Pensato e scritto da Nicola Rizzuti il 8/23/2008 Vota questo articolo su 1 commenti
Etichette: Scene di vita vissuta, Zibaldonate
venerdì 22 agosto 2008
Mizar temporary web site
I've written a new version of Mizar's web site. Currently i have some problem with web host. I hope to upload new web site very soon, but in the meantime i've decided to open this temporary web site.
Pensato e scritto da Nicola Rizzuti il 8/22/2008 Vota questo articolo su 0 commenti
sabato 9 agosto 2008
A onor del vero
Sono cominciate le olimpiadi, finalmente potrò godermi le gare di nuoto, l’atletica leggera, il badminton e soprattutto il beach volley femminile!
"Non sei normale: le katane??", "Hai scritto due post lunghissimi", praticamente tutti gli amici che leggono il blog si sono stupiti dei due post sulle katane; non ho avuto il coraggio di dirgli che mi sono limitato: non ho parlato ne degli spadaccini più famosi come Musashi Miyamoto, Kojirō Sasaki o Shusaku Chiba, ne dei colpi più letali come lo Tsubame Gaeshi o del "Libro dei Cinque Anelli"!
D’altra parte che ci crediate o meno i post più letti sono quelli di news e quelli di approfondimento, non facendo molti post di news, mi restano quelli di approfondimento.
Iniziano con il beach volley maschile, perché? Perchèèèè?
Estate piena di nulla. Niente concerti gratuiti, pochissimi concerti a pagamento validi, locali chiusi o che chiudono. Niente arene e cinema al centro chiusi, perché non organizzare delle rassegne cinematografiche a prezzi ridotti con i film dell’inverno? Sarà che non ci sono soldi, ma mi viene il sospetto che manchino anche le idee.
Mi devo ricredere. Bello il beach volley maschile: dieci ragazze che ballano in succinti costumi da bagno; peccato che i balletti siano inframmezzati da quattro nerboruti tipi sudaticci che giocano a pallavolo.
Un’amica mi raccontava il suo recentissimo colloquio di lavoro: dovrebbero rendere obbligatoria la lettura della "Capanna dello zio Tom", la schiavitù è stata abolita!
causa presenza di amici turisti, un’amica è stata "costretta" a tirare molto tardi la sera e alzarsi presto la mattina per andare a lavoro
io: "dura da una settimana questa storia, ma come fai? Io non riuscirei a connettere…"
amica: "connettere cosa?"
io: "…"
A onor del vero, l’amica di cui sopra, tiene a sottolineare che, in quel momento, stava scherzando.
A onor del vero, mentre lo diceva, oscillava vistosamente.
Mediaset farà causa a Youtube per furto di video, mi aspetto che Youtube faccia causa a Studio Aperto che spaccia i video per notizie!
La notte di San Lorenzo è quella tra il 9 e il 10 o quella tra il 10 e l'11?
Pensato e scritto da Nicola Rizzuti il 8/09/2008 Vota questo articolo su 5 commenti
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giovedì 7 agosto 2008
Masamune Okazaki, Sengo Muramasa e la leggendaria spada Kusanagi
In Giappone i maestri spadai costituivano un mondo proprio, un universo al quale molti nobili avrebbero voluto appartenere. Pensate che l’imperatore Go-Toba, appassionato studioso, nel 1208 chiamò a corte i più famosi spadai del tempo, uno per ogni mese dell’anno, assegnò loro un titolo nobiliare, chiedendo in cambio di rivelargli i propri segreti; dodici mastri per dodici spade: le Kiku-ichimonji. All’arte dei forgiatori era riconosciuta un’alta valenza spirituale, le apprezzatissime lame dovevano possedere insieme le qualità estetiche e l’efficacia in combattimento, così da suscitare nell’osservatore sensazioni di potenza e insieme di bellezza, meraviglia e terrore. La fabbricazione della lama per una katana era ed è considerata un’operazione sacra. Il maestro spadaio sceglie con cura il giorno propizio per iniziare l’opera, nei periodi precedenti la forgia segue un rituale di purificazione del corpo e dello spirito, e per l’esecuzione indossa una veste sacerdotale di colore bianco e un copricapo in lacca di color nero, inoltre allontana gli spiriti maligni chiudendo la porta d’ingresso alla fucina con una corda di paglia di riso (Shimenawa). Insomma la figura dello spadaio incarnava in se le figure di filosofo, scienziato, alchimista e artista. Il loro saper essere multidisciplinari, la capacità di fornire valore aggiunto alle proprie opere, un valore che trascende anche dalla materialità dell'oggetto, li rende ai miei occhi figure interessanti e moderne. Sono esistiti tanti grandissimi spadai, ma su tutti spiccano le figure di Masamune Okazaki e Sengo Muramasa.
La figura di Masamune è circondata da un’aura quasi leggendaria, non abbiamo notizie certe sulla sua vita, ma si suppone che visse tra la fine del XIII e l’inizio del XIV secolo. Masamune è considerato il più grande fabbricante di katane di tutti i tempi, anzi il maestro spadaio per antonomasia. Tutt’oggi esiste un premio per i fabbricanti di katane che porta il suo nome. Le spade di Masamune sono considerata di qualità superiore e particolarmente belle, soprattutto considerando che nel periodo in cui forgiava il ferro che utilizzava era spesso impuro. Le spade firmate sono purtroppo pochissime, la maggior parte gli sono attribuite tramite il parere di esperti, ma la storia giapponese è piana di personaggi famosi che ne hanno brandita una, da Oda Nobunaga a Ieyasu Tokugawa a Hideyoshi Toyotomi (tre le più importanti figure storiche del Giappone) e ogni spada ha una storia curiosa. Su tutte spicca quella della Honjo Masamune. Considerata una delle migliori spade mai costruite ha rappresentato per lungo tempo durante l’era Tokugawa il potere dello Shogunato e veniva tramandata da uno Shogun al successivo. L’ultimo possessore conosciuto fu Iemasa Tokugawa che alla fine della seconda guerra mondiale, nel Dicembre del 1945, la consegnò insieme ad altre 14 spade alla polizia di Mejiro. La polizia le consegnò al sergente Coldy Bimore del 7° Cavalleggeri, da allora non si hanno più notizie.
Abbiamo già detto che un altro famoso maestro spadaio fu Sengo Muramasa, ma sarebbe stato meglio dire famigerato. Considerato a torto un discepolo di Masamune, visse in realtà un paio di secoli dopo, nel XVI secolo. Descritto come un uomo violento e vicino alla follia, era ritenuto capace di trasmettere nelle proprie spade la sua malvagità. Inutile dire che le “diaboliche” spade di Muramasa hanno dato vita a leggende e racconti e giocano un ruolo di primo piano nella letteratura giapponese. Le sue spade ritenute demoniache e assetate di sangue sono infatti spesso confrontate con quelle di Muramasa. Molto nota una leggenda che non ha alcun fondamento storico: Muramasa sfida Masamune per scoprire chi dei due è in grado di forgiare la spada migliore; entrambi crearono due spade magnifiche e decisero di metterle alla prova, le due spade sarebbero stato appese a una sporgenza sopra un fiume, con la punta della lama immersa nell'acqua. La spada di Muramasa, la Juuchi Fuyu (: “diecimila inverni”) tagliò ogni cosa che la corrente trascinava (pesci, foglie, persino il vento), la spada di Masamune, invece, la Yawaraka-Te (: “mano delicata”) non fendé nulla: i pesci e le foglie passavano, e il vento soffiava dolcemente sulla sua lama. Muramasa schernì Masamune per la sua scarsa abilità, un monaco, che aveva osservato tutta la sfida, si avvicinò e parlò ai due: "La prima spada è senza dubbio una spada tagliente, ma è portatrice di sangue, una spada malvagia che non fa differenza fra ciò che taglia. Può essere buona per tagliare farfalle così come teste. La seconda è notevolmente più tagliente delle due, e non taglia senza motivo ciò che è innocente". In realtà la triste fama che aleggia attorno alle spade di Muramasa è dovuta, molto probabilmente a Ieyasu Tokugawa (l’uomo che unificò il Giappone agli inizi del XVII secolo) noto per essere molto superstizioso. Avendo perso molti uomini, parenti ed essendo stato lui stesso ferito da spade di Muramasa proibì ai propri samurai di indossare e usare spade di Muramasa.
Se ancora non fosse chiaro per capire quanto importante sia il ruolo della katana nella cultura giapponese, basta citare la leggendaria spada Kusanagi-no-tsurugi (: l’esatto significato della parola è tutt’ora oggetto di discussione). Questa spada è paragonabile alla Excalibur di re Artù, anche se, contrariamente a questa, sembra che esista davvero. La Kusanagi forma infatti , insieme allo Yasakani no Magatama e allo specchio Yata no kagami, le insegne imperiali del giappone: il tesoro sacro nazionale che è usato durante la cerimonia di insediamento del nuovo imperatore, ma che non è visibile a nessuno al di fuori dell’imperatore stesso e di determinati sacerdoti. Le origini della spada sono avvolte dal mito. E’ scritto nel Kojiki (il più antico manoscritto giapponese) che il dio del mare e delle tempeste Susanoo incontrò nella regione di Izumo una famiglia disperata: i genitori avevano perso sette figlie sacrificate al malvagio mostro Yamata no Orochi, che richiedeva vergini in sacrificio in cambio della promessa di non devastare la provincia, e adesso rischiavano di perdere anche Kushinada, ultima esponente della loro famiglia. Invaghitosi della giovane, a causa della sua bellezza così delicata e della sua eleganza, Susanoo ideò un piano per sconfiggere il mostro, in cambio della possibilità di sposarla: trasformata Kushinada in un pettine, ordinò che fossero raccolti otto barili di sake, da disporre di fronte alla casa della ragazza, dove Yamata no Orochi sarebbe giunto per reclamare la vergine. Mentre Susanoo si nascondeva in una vicina foresta, Yamata no Orochi giunse di fronte alla casa di Kushinada, e qui trovò gli otto barili di sake e non poté far a meno di ubriacarsi, finché ogni testa cadde addormentata. Solo quando tutte le teste del mostro scivolarono in un sonno profondo, Susanoo abbandonò il suo nascondiglio e le recise, uccidendo il drago leggendario. Susanoo dopo aver tagliato le otto teste, iniziò a recidere le code del mostro, ma quando giunse all'ottava coda, la sua spada impattò contro qualcosa di molto resistente. Fu così che Susanoo trovò la spada Ame no Murakumo (in seguito chiamata Kusanagi) nella coda maggiore del Drago. Generazioni dopo, nel regno del dodicesimo imperatore, l'imperatore Keiko, la spada passò nelle mani del grande guerriero Yamato Takeru, come dono della zia, la principessa Yamato, Vergine del Tempio di Ise, per proteggere il nipote dai pericoli che il giovane avrebbe dovuto affrontare durante una spedizione contro gli Ainu. Yamato Takeru cadde in un'imboscata in un pascolo, durante una spedizione di caccia, organizzata da un perfido Signore della Guerra. Costui, utilizzando delle frecce infuocate, intrappolò l'eroe in un cerchio di fuoco e nel frattempo uccise il suo cavallo per impedirgli la fuga. Disperato, Yamato Takeru cercò di usare la spada per impedire alle lingue di fuoco di raggiungerlo e con grande stupore scoprì come l'arma avesse il controllo sul vento. Questa magia gli permise di crearsi un varco fra le fiamme, salvandogli la vita. Da allora, Yamato Takeru chiamò la spada Kusanagi, che letteralmente vuol dire Spada Falciatrice d'Erba. Oltre Kojiki, un altro importante testo che menziona la spada è il Nihonshoki. A differenza del primo, quest'ultimo testo non contiene soltanto storie mitologiche, ma anche registra alcuni eventi contemporanei o comunque vicini alla sua stesura. Questi passi sono considerati molto importanti da un punto di vista storico ed è qui che troviamo le prime tracce effettive della spada. Secondo quanto vi è registrato, essa fu rimossa dal palazzo imperiale nel 688 e fu trasferita al Tempio di Atsuta. Secondo altre storie costruite intorno alla spada, il decimo imperatore del Giappone, l'imperatore Sujin, ordinò che fosse forgiata una replica di Ame no Murakumo. Questa informazione, tuttavia, divenne di dominio pubblico solo quando si seppe che la spada era stata rubata, sebbene secondo alcune voci fu la sua copia a cadere nelle mani dei ladri. Va inoltre sottolineato come l'imperatore Sujin sia ritenuto spesso una figura leggendaria a causa dell'incapacità degli storici nell'inserirlo in un contesto storico ben preciso. Un'altra storia racconta che la spada fu nuovamente rubata nel sesto secolo, da un monaco cinese. Ma la nave dove costui viaggiava, presumibilmente, affondò permettendo alla spada di giungere presso Ise, dove fu recuperata dai monaci shintoisti. Sebbene sia impossibile provarlo, visto il fatto che non è accessibile al pubblico, la Spada sembra sia veramente conservata presso il tempio di Atsuta, infatti vi è una testimonianza, risalente al Periodo Edo, secondo la quale un sacerdote shintoista l'avrebbe vista e descritta. In base alle sue parole, la spada Kusanagi sarebbe lunga circa 84 cm, modellata come un calamo, forgiata in un metallo bianco e ben mantenuta.
Per maggiori approfondimenti: Associazione Italiana per la Spada Giapponese
Pensato e scritto da Nicola Rizzuti il 8/07/2008 Vota questo articolo su 8 commenti
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martedì 5 agosto 2008
L'arte della forgiatura delle katane
Mi annoio facilmente. Sarà per questo che non ho un passatempo che perseguo con costanza. Vivo di passioni fiammanti che ciclicamente scemano e riaffiorano. Sono un tipo curioso e mi piace leggere: ecco perché a volte se c’è un argomento che mi incuriosisce mi ci dedico con interesse. Per esempio mi hanno sempre appassionato i miti e le leggende, ma per formazione culturale mi ha sempre incuriosito cercare di capire quale realtà storica celassero o cercassero di trasmettere. Ho già scritto sui segreti delle cattedrali gotiche, legati, molto probabilmente, ai segreti costruttivi che le varie corporazioni si tramandavano (non è un caso che le logge massoniche che si ispirano alle corporazioni medioevali, contemplino riti e segni segreti); in maniera analoga numerose leggende sono sorte attorno alle armi, in particolare le spade, e alla loro fabbricazione.
Premetto che non sono un guerrafondaio ne un patito di armi, ma le armi da taglio, le spade, mi sono sempre piaciute. Non amo i fucili e non ho un porto d’armi, ne amo le simulazioni di guerra, ma le spade si. Non siate maliziosi, non credo che sia per il simbolo fallico che rappresentano, penso che sia il testosterone: quella misteriosa sostanza che fa si che un uomo colga immediatamente l’essenza della regola del fuorigioco nel calcio. Più che la spada in sé, per la verità mi ha sempre affascinato la tecnica di costruzione e, come detto prima, le leggende che aleggiano su questi oggetti. Tra tutte le tipologie di spade quella che mi ha sempre colpito è la spada lunga giapponese: la katana. La quantità di leggende che aleggiano attorno le katane sono incredibili: katane maledette, katane con poteri sovrannaturali, forgiatori di spade affilatissime e samurai straordinari. Chiunque abbia visto un film ambientato nel medioevo giapponese (altra mia passione, ma questa è un’altra storia) o “L’ultimo samurai” o una puntata di Lupin ha sicuramente visto i protagonisti sfoggiare spade o katane luccicanti e indistruttibili: pensavo fossero delle bufale, non ritenevo che le tecniche metallurgiche potessero essere così raffinate, invece mi sbagliavo. La katana in particolare ha raggiunto nel corso dei secoli, vette talmente alte di perfezione da diventare quasi un oggetto d’arte più che un arma. La parola katana, nella lingua giapponese, può assumere due significati: può riferirsi in senso lato all’insieme delle spade e armi da taglio giapponesi o più rigorosamente ad un tipo di spada a taglio singolo (affilata da un lato solo) e lama curva (uchigatana). Le katane, come tutte le spade, erano e sono in acciaio. Una precisazione, se pensate che l’acciaio sia un materiale recentissimo vi sbagliate: l’acciaio è una lega di ferro e carbonio, utilizzatissima oggigiorno, ma conosciuta da sempre; il ferro puro in natura non esiste, è sempre “drogato” da una certa quantità di carbonio, per cui quello che si trova in natura è proprio acciaio! Il problema dello spadaio, da secoli, è sempre stato lo stesso: come ottenere un materiale abbastanza duro da penetrare scudi, corazze e ossa (!), ma allo stesso tempo elastico per non spezzarsi in seguito all’urto con un’altra spada. Nel linguaggio comune usiamo i termini duro e fragile come se fossero opposti, per la verità non è così. Un materiale duro è un materiale che resiste alla sua perforazione, il contrario di duro non è fragile, ma morbido. Un materiale fragile è invece un materiale che, sottoposto ad uno sforzo che superi il carico di rottura del materiale stesso, si rompe senza deformarsi contrariamente ad un materiale elastico. Il vetro è un materiale estremamente duro, può essere tagliato solo con lame diamantate, ma è estremamente fragile. La gomma è un materiale molto morbido e può essere sottoposto a forti deformazioni prima di rompersi, ma basta una punta acuminata per perforarlo. Il ferro di per sé è molto morbido, il carbonio aggiunge rigidità; giocando sulla percentuale di carbonio presente possiamo avere diversi tipi di acciaio con differenti caratteristiche di rigidità (ecco perché l’acciaio è un materiale straordinario).
La katana è ottenuta alternando strati di ferro acciaioso, con percentuali variabili di carbonio. L'alternanza di strati di acciaio dolce e acciaio duro le conferisce la massima resistenza e flessibilità. L’acciaio di partenza per le fabbricazioni delle katane prende il nome di tamagahane (: acciaio gioiello), un acciaio molto duro e fragile con un contenuto di carbonio pari all’1%. Il blocco d’acciaio viene sottoposto a forgiatura per regolare la quantità di carbonio: riscaldato al calor rosso, battuto con il martello e ripiegato per poi essere nuovamente riscaldato e ribattuto. Ad ogni successiva piegatura, il tenore di carbonio nella lega diminuisce impercettibilmente. La ripiegatura e battitura ha anche un altro scopo: le molecole di ferro e carbonio non sono uniformemente distribuite, questo processo le ordina e le dirige e se effettuato da uno spadaio sapiente può anche “disegnare” delle precise linee di forza. L’acciaio così ripiegato tra le 13 e le 18 volte scende ad un tenore di carbonio tra lo 0,5% e lo 0,6%, molto duro, ma non fragile e prendendo il nome di kawagane (: acciaio della pelle). Da un blocco di acciaio con meno carbonio, martellato e ripiegato almeno dieci volte si ricava lo shingane (: acciaio cuore), estremamente elastico a causa della percentuale di carbonio vicina allo 0,2%. L’acciaio più morbido viene usato come anima della spada e rivestito dall’acciaio più duro: la parte più esterna serve a penetrare i materiali più duri, l’anima, più elastica, serve a impedire che la spada si spezzi in seguito all’urto. Il più semplice degli stili di costruzione prevede infatti un’anima di shingane inserita in una lamina di kawagane modellata ad U. Esistono tuttavia stili più complessi, in cui si usano anche più tipi di acciaio in funzione della posizione nella spada, si dice che Masamune (leggendario spadaio) ne usasse fino a sette tipi diversi, ma il principio era sempre quello: filo (cioè parte tagliente) e lati di un acciaio più duro, interno e dorso di un acciaio più elastico. Dopo un’ulteriore forgiatura finale che serve a congiungere i diversi tipi di acciaio in un unico blocco indivisibile, si passa alla tempratura. La lama viene ricoperta di argilla in maniera diversa tra il dorso e il filo, quindi viene riscaldata al calor rosso e raffreddata velocemente immergendola in acqua fredda; l’argilla è un isolante termico, il fatto che sia disposto in quantità differenti sul dorso e sul filo fa si che le diverse parti della lama si riscaldino e raffreddino a velocità differenti, come conseguenza di ciò avremo un dorso più morbido e un filo molto più duro ed espansioni e contrazioni nella lama che acquisterà la caratteristica curvatura. Prima della tempratura lo spadaio traccia sull’argilla una linea, più o meno elaborata, con un bastoncino sui lati della lama, parallelamente al filo. Dopo la tempratura viene applicata sulla lama una soluzione acida e, se il processo ha funzionato la linea diventa visibile con una variazione di colore nell’acciaio. Questa linea di tempra prende il nome di hamon, la forma dell’hamon costituisce un segno identificativo, per un occhio esperto, dell'epoca della lama e dell'autore. Infine la lama viene polita e affilata (lavoro lungo, complesso e meticoloso) tramite l’utilizzo di diversi tipi di pietre abrasive di grana via via sempre più fine. Dopodiché il codolo della lama viene racchiuso in un codolo di legno che ne costituisce l’impugnatura e rivestito della pelle ruvida e scagliosa del Rhinobatos (un pesce simile alle razze). Alla base della lama, sopra il codolo viene incastrato un elemento metallico che serve sia per bloccare la spada nel fodero sia da elsa chiamato tsuba. A completare il tutto c’è il fodero: questo e gli elementi metalli accessori come lo tsuba offrono infinite possibilità decorative agli artigiani, tanto che la costruzione dei foderi era considerato un lavoro a parte e affidata ad artigiani specializzati differenti dagli spadai.
I primi forgiatori di spada giapponesi erano monaci buddhisti Tendai o monaci di montagna guerrieri chiamati Yamabushi. Avevano conoscenza vastissime per la loro epoca e il luogo in cui vivevano: erano alchimisti, poeti, letterati, invincibili combattenti e forgiatori di lama. Per loro la costruzione di una lama costituiva una vera e propria pratica ascetica. Erano talmente temuti che venivano considerati fantasmi e nessuno osava disturbarli. Ancora oggi la tecnica della lavorazione e l’abilità del costruttore sono gli ingredienti fondamentali di un’arte che continua a produrre lame uniche al mondo e di ineguagliabile bellezza. Più che dalla scelta dei materiali che le compongono, la loro superiorità è determinata dall’abilità e dalla personalità del fabbro, veri fattori decisivi nella scelta tra le innumerevoli variabili per lo più non misurabili con strumenti scientifici: la qualità dell’acciaio, la tempra del fuoco, i tempi di cottura e di raffreddamento, modalità e quantità di ripiegature, intensità e ritmo delle martellature, gradualità nella modellazione del materiale, temperatura dell’acqua per la tempra, scelta del clima e del momento adatto. Per questo fin dal Giappone antico, si ritiene che una katana racchiuda in sé lo spirito stesso del maestro che l'ha forgiata. Due maestri spadai leggendari furono Masamune Okazaki e Sengo Muramasa. Approfondiremo il discorso sui due spadai nel prossimo post.
Pensato e scritto da Nicola Rizzuti il 8/05/2008 Vota questo articolo su 0 commenti
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