martedì 5 agosto 2008

L'arte della forgiatura delle katane


Mi annoio facilmente. Sarà per questo che non ho un passatempo che perseguo con costanza. Vivo di passioni fiammanti che ciclicamente scemano e riaffiorano. Sono un tipo curioso e mi piace leggere: ecco perché a volte se c’è un argomento che mi incuriosisce mi ci dedico con interesse. Per esempio mi hanno sempre appassionato i miti e le leggende, ma per formazione culturale mi ha sempre incuriosito cercare di capire quale realtà storica celassero o cercassero di trasmettere. Ho già scritto sui segreti delle cattedrali gotiche, legati, molto probabilmente, ai segreti costruttivi che le varie corporazioni si tramandavano (non è un caso che le logge massoniche che si ispirano alle corporazioni medioevali, contemplino riti e segni segreti); in maniera analoga numerose leggende sono sorte attorno alle armi, in particolare le spade, e alla loro fabbricazione.

Premetto che non sono un guerrafondaio ne un patito di armi, ma le armi da taglio, le spade, mi sono sempre piaciute. Non amo i fucili e non ho un porto d’armi, ne amo le simulazioni di guerra, ma le spade si. Non siate maliziosi, non credo che sia per il simbolo fallico che rappresentano, penso che sia il testosterone: quella misteriosa sostanza che fa si che un uomo colga immediatamente l’essenza della regola del fuorigioco nel calcio. Più che la spada in sé, per la verità mi ha sempre affascinato la tecnica di costruzione e, come detto prima, le leggende che aleggiano su questi oggetti. Tra tutte le tipologie di spade quella che mi ha sempre colpito è la spada lunga giapponese: la katana. La quantità di leggende che aleggiano attorno le katane sono incredibili: katane maledette, katane con poteri sovrannaturali, forgiatori di spade affilatissime e samurai straordinari. Chiunque abbia visto un film ambientato nel medioevo giapponese (altra mia passione, ma questa è un’altra storia) o “L’ultimo samurai” o una puntata di Lupin ha sicuramente visto i protagonisti sfoggiare spade o katane luccicanti e indistruttibili: pensavo fossero delle bufale, non ritenevo che le tecniche metallurgiche potessero essere così raffinate, invece mi sbagliavo. La katana in particolare ha raggiunto nel corso dei secoli, vette talmente alte di perfezione da diventare quasi un oggetto d’arte più che un arma. La parola katana, nella lingua giapponese, può assumere due significati: può riferirsi in senso lato all’insieme delle spade e armi da taglio giapponesi o più rigorosamente ad un tipo di spada a taglio singolo (affilata da un lato solo) e lama curva (uchigatana). Le katane, come tutte le spade, erano e sono in acciaio. Una precisazione, se pensate che l’acciaio sia un materiale recentissimo vi sbagliate: l’acciaio è una lega di ferro e carbonio, utilizzatissima oggigiorno, ma conosciuta da sempre; il ferro puro in natura non esiste, è sempre “drogato” da una certa quantità di carbonio, per cui quello che si trova in natura è proprio acciaio! Il problema dello spadaio, da secoli, è sempre stato lo stesso: come ottenere un materiale abbastanza duro da penetrare scudi, corazze e ossa (!), ma allo stesso tempo elastico per non spezzarsi in seguito all’urto con un’altra spada. Nel linguaggio comune usiamo i termini duro e fragile come se fossero opposti, per la verità non è così. Un materiale duro è un materiale che resiste alla sua perforazione, il contrario di duro non è fragile, ma morbido. Un materiale fragile è invece un materiale che, sottoposto ad uno sforzo che superi il carico di rottura del materiale stesso, si rompe senza deformarsi contrariamente ad un materiale elastico. Il vetro è un materiale estremamente duro, può essere tagliato solo con lame diamantate, ma è estremamente fragile. La gomma è un materiale molto morbido e può essere sottoposto a forti deformazioni prima di rompersi, ma basta una punta acuminata per perforarlo. Il ferro di per sé è molto morbido, il carbonio aggiunge rigidità; giocando sulla percentuale di carbonio presente possiamo avere diversi tipi di acciaio con differenti caratteristiche di rigidità (ecco perché l’acciaio è un materiale straordinario).

La katana è ottenuta alternando strati di ferro acciaioso, con percentuali variabili di carbonio. L'alternanza di strati di acciaio dolce e acciaio duro le conferisce la massima resistenza e flessibilità. L’acciaio di partenza per le fabbricazioni delle katane prende il nome di tamagahane (: acciaio gioiello), un acciaio molto duro e fragile con un contenuto di carbonio pari all’1%. Il blocco d’acciaio viene sottoposto a forgiatura per regolare la quantità di carbonio: riscaldato al calor rosso, battuto con il martello e ripiegato per poi essere nuovamente riscaldato e ribattuto. Ad ogni successiva piegatura, il tenore di carbonio nella lega diminuisce impercettibilmente. La ripiegatura e battitura ha anche un altro scopo: le molecole di ferro e carbonio non sono uniformemente distribuite, questo processo le ordina e le dirige e se effettuato da uno spadaio sapiente può anche “disegnare” delle precise linee di forza. L’acciaio così ripiegato tra le 13 e le 18 volte scende ad un tenore di carbonio tra lo 0,5% e lo 0,6%, molto duro, ma non fragile e prendendo il nome di kawagane (: acciaio della pelle). Da un blocco di acciaio con meno carbonio, martellato e ripiegato almeno dieci volte si ricava lo shingane (: acciaio cuore), estremamente elastico a causa della percentuale di carbonio vicina allo 0,2%. L’acciaio più morbido viene usato come anima della spada e rivestito dall’acciaio più duro: la parte più esterna serve a penetrare i materiali più duri, l’anima, più elastica, serve a impedire che la spada si spezzi in seguito all’urto. Il più semplice degli stili di costruzione prevede infatti un’anima di shingane inserita in una lamina di kawagane modellata ad U. Esistono tuttavia stili più complessi, in cui si usano anche più tipi di acciaio in funzione della posizione nella spada, si dice che Masamune (leggendario spadaio) ne usasse fino a sette tipi diversi, ma il principio era sempre quello: filo (cioè parte tagliente) e lati di un acciaio più duro, interno e dorso di un acciaio più elastico. Dopo un’ulteriore forgiatura finale che serve a congiungere i diversi tipi di acciaio in un unico blocco indivisibile, si passa alla tempratura. La lama viene ricoperta di argilla in maniera diversa tra il dorso e il filo, quindi viene riscaldata al calor rosso e raffreddata velocemente immergendola in acqua fredda; l’argilla è un isolante termico, il fatto che sia disposto in quantità differenti sul dorso e sul filo fa si che le diverse parti della lama si riscaldino e raffreddino a velocità differenti, come conseguenza di ciò avremo un dorso più morbido e un filo molto più duro ed espansioni e contrazioni nella lama che acquisterà la caratteristica curvatura. Prima della tempratura lo spadaio traccia sull’argilla una linea, più o meno elaborata, con un bastoncino sui lati della lama, parallelamente al filo. Dopo la tempratura viene applicata sulla lama una soluzione acida e, se il processo ha funzionato la linea diventa visibile con una variazione di colore nell’acciaio. Questa linea di tempra prende il nome di hamon, la forma dell’hamon costituisce un segno identificativo, per un occhio esperto, dell'epoca della lama e dell'autore. Infine la lama viene polita e affilata (lavoro lungo, complesso e meticoloso) tramite l’utilizzo di diversi tipi di pietre abrasive di grana via via sempre più fine. Dopodiché il codolo della lama viene racchiuso in un codolo di legno che ne costituisce l’impugnatura e rivestito della pelle ruvida e scagliosa del Rhinobatos (un pesce simile alle razze). Alla base della lama, sopra il codolo viene incastrato un elemento metallico che serve sia per bloccare la spada nel fodero sia da elsa chiamato tsuba. A completare il tutto c’è il fodero: questo e gli elementi metalli accessori come lo tsuba offrono infinite possibilità decorative agli artigiani, tanto che la costruzione dei foderi era considerato un lavoro a parte e affidata ad artigiani specializzati differenti dagli spadai.

I primi forgiatori di spada giapponesi erano monaci buddhisti Tendai o monaci di montagna guerrieri chiamati Yamabushi. Avevano conoscenza vastissime per la loro epoca e il luogo in cui vivevano: erano alchimisti, poeti, letterati, invincibili combattenti e forgiatori di lama. Per loro la costruzione di una lama costituiva una vera e propria pratica ascetica. Erano talmente temuti che venivano considerati fantasmi e nessuno osava disturbarli. Ancora oggi la tecnica della lavorazione e l’abilità del costruttore sono gli ingredienti fondamentali di un’arte che continua a produrre lame uniche al mondo e di ineguagliabile bellezza. Più che dalla scelta dei materiali che le compongono, la loro superiorità è determinata dall’abilità e dalla personalità del fabbro, veri fattori decisivi nella scelta tra le innumerevoli variabili per lo più non misurabili con strumenti scientifici: la qualità dell’acciaio, la tempra del fuoco, i tempi di cottura e di raffreddamento, modalità e quantità di ripiegature, intensità e ritmo delle martellature, gradualità nella modellazione del materiale, temperatura dell’acqua per la tempra, scelta del clima e del momento adatto. Per questo fin dal Giappone antico, si ritiene che una katana racchiuda in sé lo spirito stesso del maestro che l'ha forgiata. Due maestri spadai leggendari furono Masamune Okazaki e Sengo Muramasa. Approfondiremo il discorso sui due spadai nel prossimo post.

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