L'isola Ferdinandea
Martedì sera una scossa di terremoto di 4.5 gradi è stata avvertita a Sciacca (mia città natale) e dintorni: l'epicentro è stato individuato in fondo al mare, tra Sciacca e Pantelleria, proprio nella zona dell'isola Ferdinandea o isola Giulia, come la si chiama a Sciacca. La storia di quest'isola fantasma è molto curiosa è vale la pena conoscerla. I fenomeni vulcanici nel mare che circonda la Sicilia sono noti fin da tempi antichissimi. Aristotele, nel libro delle Meteore, racconta che l'isola di Vulcano, nelle Eolie, spuntò dal mare fra il fragore di esplosioni vulcaniche; lo Stromboli comparve poco prima dell'età di Plinio, e gli storici romani ricordano eruzioni sottomarine nel canale di Sicilia. In questo tratto del Mediterraneo le eruzioni sono più frequenti che altrove e si verificano particolarmente nel tratto di mare che va da Capo Granitola a Capo Bianco, in corrispondenza di quei bassifondi detti banchi o secche, alcuni dei quali sono ricoperti di coralli: i famosi banchi di Sciacca. Dall’eruzione avvenuta su uno di questi banchi in epoca immemorabile, nacque l'isola di Pantelleria, esempio perfetto di isola vulcanica che culmina nella Montagna grande, avanzo di un cratere vulcanico contornato da altri 24 crateri detti « cuddìe ». Nella notte fra il 10 e l'11 luglio 1831, a 26 miglia circa dalla spiaggia di Sciacca, a metà strada da Pantelleria, nella cosiddetta Secca del Corallo, in seguito ad una scossa tellurica, il vulcano sottomarino aprì la sua bocca eruttando scorie e lapilli, formando una piccola isola di circa quattro chilometri di circonferenza e sessanta metri d'altezza. Il canonico Arena scriveva che queste eruzioni "sono state sempre precedute da brevi scosse di terremoto che si sono susseguite con fortissimo fragore di boati". Secondo l'Arena "testimoni dell'evento furono i capitani Trafiletti e Corrao, naviganti in quel mare (latitudine 37,11 nord e longitudine 12,44 est) che osservarono un getto d'acqua a cui tennero dietro colonne di fiamme e di fumo che si elevavano ad un'altezza di 550 metri circa. Il 16 luglio si vide emergere la testa di un vulcano in piena eruzione e il 18 lo stesso capitano Corrao, di ritorno, osservò il cono del vulcano che sporgeva dal mare. Presto si vide emergere un'isoletta che crebbe sempre in eruzione e raggiunse, il 4 agosto, una base di tre miglia di circonferenza ed un'altezza di sessanta metri, con due preminenze, una da levante ed una da tramontana, a guisa di due montagne legate insieme; con due laghetti bollenti". Non appena venne diffusa la notizia dell'apparizione di questo piccolo lembo di terra, il primo studioso a giungere sul posto fu il prof. Karl Hoffman, docente di geologia presso l'Università di Berlino, che si trovava casualmente in Sicilia. Il tedesco, dopo aver fatto un'accurata ricognizione, riferì i risultati in una lettera indirizzata al duca di Serradifalco. Il governo borbonico, intanto, inviava subito sul posto il fisico Domenico Scinà, il quale compilava un "breve ragguaglio al novello vulcano apparso nel mare di Sciacca". Il prof. Carlo Gemmellaro, docente di Storia Naturale presso l'Università di Catania, provvedeva invece a stilare una relazione circostanziata che suscitava l'interesse di molti illustri uomini di cultura scientifica, soprattutto stranieri.
L'isoletta suscitò subito l'interesse di alcune potenze straniere, che nei mari cercavano punti strategici per gli approdi delle loro flotte, sia mercantili che militari. L'Inghilterra, che col suo ammiraglio sir Percival Otham si trovava nelle acque dell'isola, dopo un'accurata ricognizione, prendeva possesso dell'isola in nome di Sua Maestà Britannica. Il 24 agosto giungeva sul posto il capitano Jenhouse e vi piantava la bandiera britannica, chiamando l'isola Graham dal nome del Primo Lord dell'Ammiragliato. Le proteste del popolo siciliano, insieme a quelle del capitano Corrao, arrivarono alla casa borbonica, proponendo di nominare l'isola Corrao, e chiedendo inoltre al re provvedimenti contro il sopruso inglese. Il 26 settembre dello stesso anno la Francia, per non essere da meno, inviava il brigantino "La Fleche", comandato dal capitano di corvetta Jean La Pierre, il quale recava con sé una missione diretta dal geologo Constant Prévost insieme al pittore Edmond Joinville, al quale si devono i disegni di quel fenomeno eccezionale. Furono fatti dai francesi approfonditi rilievi e ricognizioni accurate fino al 29 settembre, e il materiale raccolto venne inviato al viceammiraglio della flotta francese De Rigny. Il contenuto di queste relazioni stabilivano che l'isola, sotto l'azione delle onde, aveva subito diverse frane, che a loro volta avevano provocato grandi erosioni sui fianchi; quindi i crolli avevano trascinato con sé una grande quantità detriti. Pertanto l'isola, non avendo una base consistente, si poteva inabissare bruscamente. Come gli inglesi, anche i francesi non avevano chiesto alcun permesso al re Ferdinando II di Borbone, quale legittimo proprietario dell'isola, essendo questa sorta nella acque siciliane. Anzi i francesi la ribattezzarono Iulia (poi italianizzata in Giulia) in riferimento alla sua comparsa avvenuta nel mese di luglio, poi posero una targa a futura memoria con la seguente iscrizione: "Isola Iulia – i sigg. Constant Prévost, professore di geologia all'Università di Parigi – Edmond Joinville, pittore 27, 28, 29 settembre 1831". In segno di possesso venne innalzata sul punto più alto la bandiera francese. Il re Ferdinando II, constatando l'interesse internazionale che l'isoletta aveva suscitato, inviò sul posto la corvetta bombardiera "Etna" al comando del capitano Corrao il quale, sceso sull'isola, piantò la bandiera borbonica battezzando l'isola Ferdinandea in onore del sovrano. Sembrava che l'evento non suscitasse altro clamore, invece giunse sul posto il capitano Jenhouse con una potente fregate inglese e il Corrao con i suoi marinai, grazie alla mediazione del capitano Douglas, ottenne di rimettere la questione ai rispettivi governi. Non passò molto tempo che il pronostico francese cominciò ad avverarsi. Le persone che viaggiavano sul vaporetto "Francesco I" riferivano che l'isola aveva un perimetro di mezzo miglio e l'altezza si era abbassata. Verso la fine d'ottobre del 1831 il governo borbonico prendeva posizione ufficiale ed inviava ai governi di Gran Bretagna e Francia una memoria con la quale gli dava notizia dell'evento, ricordandogli che a norma del diritto internazionale la nuova terra apparteneva alla Sicilia. A quanto sembra però i due governi non risposero, e iniziarono le rivalità fra le due nazioni, entrambe interessate a favorire le loro posizioni strategiche nel Mediterraneo. Il 7 novembre di quel'anno, l'inglese Walker, capitano dell'Alban, la misurava e l'isola risultava ridotta ad un quarto di miglio con un'altezza di venti metri. Il 16 novembre si scorgevano soltanto piccole porzioni e l'8 dicembre il capitano Allotta, del brigantino Achille, ne costatava la scomparsa, mentre alcune colonne d'acqua si alzavano e si abbassavano. Dell'isola rimaneva un vasto banco di roccia lavica, che attualmente viene indicato nelle carte nautiche come "il banco Graham", a 24 miglia a nord-est di Pantelleria. Nel 1846 e nel 1863 l'isoletta è riapparsa ancora in superficie, per poi scomparire nuovamente dopo pochi giorni. Di essa rimanevano solo i molti nomi avuti in seguito alla disputa internazionale: Giulia, Nerita, Corrao, Hotham, Graham, Sciacca, Ferdinandea. Col terremoto del 1968 nella Valle del Belice, le acque circostanti il Banco di Graham furono viste intorpidirsi e ribollire. Forse era un segnale che l'isola Ferdinandea stava per riemergere. Così non fu, ma si segnalò un movimento nelle acque internazionali di alcune navi britanniche della flotta del Mediterraneo. A scanso di equivoci i siciliani posero sulla superficie del banco Graham una targa in pietra tra le cui righe si legge che "[...] l'Isola Ferdinandea era e resta dei Siciliani". Rotta qualche anno fa (probabilmente per colpa di un'ancora) è stata prontamente sostituita. Successivamente il vulcano è rimasto dormiente per decenni con la cima circa 8 m sotto il pelo dell'acqua (il cosiddetto Banco di Graham nella cartografia ufficiale). Nel 1986 fu erroneamente scambiato per un sottomarino libico e colpito da un missile della U.S. Air Force nella sua rotta per bombardare Tripoli. Nel 2002 una rinnovata attività sismica nella zona di Ferdinandea ha indotto i vulcanologi a speculare sopra un imminente nuovo episodio eruttivo con conseguente nuova emersione dell'isola. Per evitare in anticipo una nuova disputa di sovranità, dei sommozzatori italiani hanno piantato un tricolore sulla cima del vulcano di cui si aspettava la riemersione. Però le eruzioni non si sono verificate e attualmente la cima di Ferdinandea rimane ancora circa 6 metri sotto il livello del mare. [Materiale tratto da Wikipedia e siti collegati ndA]
L'isoletta suscitò subito l'interesse di alcune potenze straniere, che nei mari cercavano punti strategici per gli approdi delle loro flotte, sia mercantili che militari. L'Inghilterra, che col suo ammiraglio sir Percival Otham si trovava nelle acque dell'isola, dopo un'accurata ricognizione, prendeva possesso dell'isola in nome di Sua Maestà Britannica. Il 24 agosto giungeva sul posto il capitano Jenhouse e vi piantava la bandiera britannica, chiamando l'isola Graham dal nome del Primo Lord dell'Ammiragliato. Le proteste del popolo siciliano, insieme a quelle del capitano Corrao, arrivarono alla casa borbonica, proponendo di nominare l'isola Corrao, e chiedendo inoltre al re provvedimenti contro il sopruso inglese. Il 26 settembre dello stesso anno la Francia, per non essere da meno, inviava il brigantino "La Fleche", comandato dal capitano di corvetta Jean La Pierre, il quale recava con sé una missione diretta dal geologo Constant Prévost insieme al pittore Edmond Joinville, al quale si devono i disegni di quel fenomeno eccezionale. Furono fatti dai francesi approfonditi rilievi e ricognizioni accurate fino al 29 settembre, e il materiale raccolto venne inviato al viceammiraglio della flotta francese De Rigny. Il contenuto di queste relazioni stabilivano che l'isola, sotto l'azione delle onde, aveva subito diverse frane, che a loro volta avevano provocato grandi erosioni sui fianchi; quindi i crolli avevano trascinato con sé una grande quantità detriti. Pertanto l'isola, non avendo una base consistente, si poteva inabissare bruscamente. Come gli inglesi, anche i francesi non avevano chiesto alcun permesso al re Ferdinando II di Borbone, quale legittimo proprietario dell'isola, essendo questa sorta nella acque siciliane. Anzi i francesi la ribattezzarono Iulia (poi italianizzata in Giulia) in riferimento alla sua comparsa avvenuta nel mese di luglio, poi posero una targa a futura memoria con la seguente iscrizione: "Isola Iulia – i sigg. Constant Prévost, professore di geologia all'Università di Parigi – Edmond Joinville, pittore 27, 28, 29 settembre 1831". In segno di possesso venne innalzata sul punto più alto la bandiera francese. Il re Ferdinando II, constatando l'interesse internazionale che l'isoletta aveva suscitato, inviò sul posto la corvetta bombardiera "Etna" al comando del capitano Corrao il quale, sceso sull'isola, piantò la bandiera borbonica battezzando l'isola Ferdinandea in onore del sovrano. Sembrava che l'evento non suscitasse altro clamore, invece giunse sul posto il capitano Jenhouse con una potente fregate inglese e il Corrao con i suoi marinai, grazie alla mediazione del capitano Douglas, ottenne di rimettere la questione ai rispettivi governi. Non passò molto tempo che il pronostico francese cominciò ad avverarsi. Le persone che viaggiavano sul vaporetto "Francesco I" riferivano che l'isola aveva un perimetro di mezzo miglio e l'altezza si era abbassata. Verso la fine d'ottobre del 1831 il governo borbonico prendeva posizione ufficiale ed inviava ai governi di Gran Bretagna e Francia una memoria con la quale gli dava notizia dell'evento, ricordandogli che a norma del diritto internazionale la nuova terra apparteneva alla Sicilia. A quanto sembra però i due governi non risposero, e iniziarono le rivalità fra le due nazioni, entrambe interessate a favorire le loro posizioni strategiche nel Mediterraneo. Il 7 novembre di quel'anno, l'inglese Walker, capitano dell'Alban, la misurava e l'isola risultava ridotta ad un quarto di miglio con un'altezza di venti metri. Il 16 novembre si scorgevano soltanto piccole porzioni e l'8 dicembre il capitano Allotta, del brigantino Achille, ne costatava la scomparsa, mentre alcune colonne d'acqua si alzavano e si abbassavano. Dell'isola rimaneva un vasto banco di roccia lavica, che attualmente viene indicato nelle carte nautiche come "il banco Graham", a 24 miglia a nord-est di Pantelleria. Nel 1846 e nel 1863 l'isoletta è riapparsa ancora in superficie, per poi scomparire nuovamente dopo pochi giorni. Di essa rimanevano solo i molti nomi avuti in seguito alla disputa internazionale: Giulia, Nerita, Corrao, Hotham, Graham, Sciacca, Ferdinandea. Col terremoto del 1968 nella Valle del Belice, le acque circostanti il Banco di Graham furono viste intorpidirsi e ribollire. Forse era un segnale che l'isola Ferdinandea stava per riemergere. Così non fu, ma si segnalò un movimento nelle acque internazionali di alcune navi britanniche della flotta del Mediterraneo. A scanso di equivoci i siciliani posero sulla superficie del banco Graham una targa in pietra tra le cui righe si legge che "[...] l'Isola Ferdinandea era e resta dei Siciliani". Rotta qualche anno fa (probabilmente per colpa di un'ancora) è stata prontamente sostituita. Successivamente il vulcano è rimasto dormiente per decenni con la cima circa 8 m sotto il pelo dell'acqua (il cosiddetto Banco di Graham nella cartografia ufficiale). Nel 1986 fu erroneamente scambiato per un sottomarino libico e colpito da un missile della U.S. Air Force nella sua rotta per bombardare Tripoli. Nel 2002 una rinnovata attività sismica nella zona di Ferdinandea ha indotto i vulcanologi a speculare sopra un imminente nuovo episodio eruttivo con conseguente nuova emersione dell'isola. Per evitare in anticipo una nuova disputa di sovranità, dei sommozzatori italiani hanno piantato un tricolore sulla cima del vulcano di cui si aspettava la riemersione. Però le eruzioni non si sono verificate e attualmente la cima di Ferdinandea rimane ancora circa 6 metri sotto il livello del mare. [Materiale tratto da Wikipedia e siti collegati ndA]
Qui termina la storia e inizia la leggenda: nell'immaginario saccense l'isola che con il suo innalzarsi rese "più pescoso" il mare e disponibili i preziosi banchi di corallo, vive di vita propria. Emersa per aiutare la marineria di Sciacca in difficoltà, si è inabissata "stanca" delle dispute sulla sua proprietà, per riemergere quando potra essere nuovamente di aiuto alla città.
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