Fine settimana particolare questo: quasi solo a casa, il mio unico coinquilino presente (il musicista) ha passato la settimana tra prove con l'orchestra al conservatorio e studio per una prossima audizione al teatro Massimo. Con il risultato che, la sera, di tutto avesse voglia tranne che andare per concerti, quindi benchè avessimo poco lontano da casa il "Palermo Jazz School meeting & festival", la settimana è passata tra "Design Week", cinema, ristorante e gozzovigliamento vario. La cosa mi ha permesso di fare la conoscenza di una delle persone più curiose e simpatiche che abbia mai avuto modo di incontrare: un giovane mastro liutaio. Ricordo, più a me che a chi mi legge che un liutatio non è chi suona il liuto, ma chi costruisce violini, viole e violoncelli! Venerdì sera quindi, decidiamo di andare a vedere "Ratatouille" (andate a vederlo, perchè è clamorosamente divertente!); arrivati in anticipo al cinema decidiamo di perdere l'ora che ci separa dall'inizio del film andando a prendere un aperitivo, per la strada incontriamo il liutaio, milanese trapiantato a Berna, attualmente in "trasferta" a Palermo per lavoro. Lo invitiamo a trascorrere con noi il resto della serata e il "Bacardi breezer" bevuto, comincia a invogliarlo a condividere con noi la sua sconfinata aneddotica sulla storia della musica e su personaggi da lui conosciuti. Dopo il cinema, decidiamo di andare a mangiare in un ristorante poco vicino, dove incontriamo degli altri amici che si uniscono a noi e quindi concludiamo la nottata in vari locali facendo l'alba. Durante tutto questo tempo, il liutaio, complici l'alcol ingerito e la mia curiosità, mi racconta, tra le tante, una delle vicende più bizzarre che abbia mai ascoltato e che meriterebbe di essere trasposta in un film: figuratevi che persino le ragazze che ci servivano ai tavoli si sono avvicinate per sentire come andasse a finire la storia che ora, a grandi linee, racconto. Clicca su 'Read more' per continuare...
Il protagonista è un certo Luigi Tarisio, vissuto tra la fine del 1700 e la metà del 1800; di poverissima origine, analfabeta, apprendista falegname, imparò giovanissimo a suonare il violino. Di giorno andava in giro per le cascine del milanese offrendosi di riparare sedie e tavoli, la sera strimpellava nelle locande in cambio di cibo. Nei suoi vagabondaggi non perdeva l'occasione di trovare, riparare e collezionare vecchi violini; ne portava sempre con se alcuni nuovi, ma senza valore, che barattava con quelli vecchi, ma di pregio che con facilità trovava abbandonati in monasteri o chiese. Comprava anche violini completamente distrutti che poi riparava e soprattutto etichette di violini: i pezzi meno rilevanti erano destinati ad un futuro smercio e le parti verosimilmente senza valore le riuniva per sostituirle in violini ai quali applicava anche etichette di noti maestri. Dopo quindici anni di questa vita vagabonda Tarisio possedeva la più grande raccolta di antichi strumenti ad arco italiani che mai si fosse vista. Aveva sviluppato anche una straordinaria capacità nel riconoscere gli strumenti: è documentato che con il solo sguardo non soltanto era capace di di distinguere uno Stradivari da un Amati, ma era in grado di stabilire l'anno di fabbricazione! Tarisio non era solo un collezionista: voleva chiaramente trarre guadagno dai suoi tesori, senza però privarsi di quelli più preziosi; venne a sapere che in quel periodo, in Francia, i grandi strumenti italiani erano particolarmente richiesti, quindi scelse alcuni buoni violini e si recò a Parigi a piedi (!). Arrivato un mese dopo a Parigi dal noto liutaio Aldric propose i propri violini, Aldric che lo vide lacero e sporco, dapprima credette di trovarsi difronte ad un truffatore, poi valutata la bontà della merce offrì una somma modica che dopo lungo mercanteggiare aumentò della metà. Tarisio, una volta concluso l'affare, fu molto deluso e imputò il suo scarso risultato all'essersi presentato in maniera così improbabile... a volte l'abito fa il monaco! Trasse insegnamento dalla vicenda, ritornò in Italia e con i soldi guadagnati comprò altri eccellenti violini e dopo due mesi ritornò a Parigi, questa volta in carrozza e con un vestito alla moda e non si presentò soltanto da un liutaio, ma offrì la propria merce a tutti i più grandi liutai parigini che gareggiarono l'un l'altro con offerte sempre più alte per i preziosi strumenti. In questo commercio Tarisio continuò per trent'anni, diventando sempre più ricco, più organizzato e più bravo nel trovare tesori nascosti; a Tarisio si devono il ritrovamento di numerosi Stradivari perduti tra i quali quelli del famoso "Quintetto Spagnolo". Eppure, ogni volta che tornava a Parigi e gli acquirenti si complimentavano con lui per la splendida merce, Tarisio rispondeva che il suo pezzo migliore non era tra quelli: possedeva uno Stradivari, così meraviglioso, così nuovo che si poteva ammirarlo solo in ginocchio. I liutai erano ovviamente curiosi di vederlo, ma Tarisio rimandava di visita in visita, tanto che un giorno Vuillaume (uno tra i più grandi liutai francesi di ogni tempo) esclamo: "A quanto pare, volete che aspettiamo questo violino come gli ebrei il Messia!". Da allora i liutai francesi si riferirono al violino come il "Messia" che mai ebbero modo di vedere. Benchè a Parigi e a Londra vivesse e trattasse gli affari da persona benestante, a Milano si rintanava in una catapecchia tenendo lontano tutto e tutti. Una sera, attorno il 1854, non vedendolo più rientrare da alcuni giorni, i vicini con le guardie, sfondarono la porta. Tarisio giaceva morto su un misero divano con stretto al corpo due violini: la stanza si presentò stracolma di strumenti, non era possibile fare un passo senza urtarne uno. Indagini successive dimostrarono che in quella stanza, in quel momento della storia, erano riuniti i più importanti strumenti musicali ad arco mai prodotti: mezza dozzina di violini e parecchi violoncelli e viole da braccio di Stradivari, un contrabasso di Gaspare da Salò e più di cento violini dei più grandi maestri, nel materasso un bel mucchio di valori e banconote e una rilevante somma in oro più documenti di proprietà in giro per l'Italia. I soldi andarono a dei lontani nipoti che aveva citato in testamento, ma gli strumenti? Vuillaume, fu il primo a Parigi a ricevere la notizia della morte: vendette immediatamente tutto quello che possedeva per racimolare più denaro liquido possibile e si fiondò in Italia, si presentò dai nipoti a Novara e chiese di potere vedere gli strumenti. I nipoti gli dissero che la maggior parte erano ancora sigillati a Milano, lì vi erano solo sei vecchi Violini. Vuillaume (immagino tra le lacrime di gioia) trovò uno Stradivari dell'epoca migliore, due intatti Guadagnini, uno splendido Guarneri del Gesù e un Bergonzi, ma la sorpresa doveva ancora venire: chiuso in una cassa con catene e lucchetti trovò il più bel violino che avesse mai visto, uno Stradivari incredibilmente bello, praticamente nuovo... era il "Messia"! Più tardi con i nipoti andò a Milano dove ritrovo gli altri 150 preziosissimi strumenti. Approfittando dell'ignoranza dei nipoti comprò per soli 80.000 franchi qualcosa che già allora ne valeva almeno 2.000.000! La storia già così sarebbe curiosa se non fosse che alcune strane cose accadderò dopo la morte di Tariso. Vuillaume divenne uno dei più grandi liutai di tutti i tempi: è probabile che oltre agli strumenti abbia ritrovato anche disegni, modelli, progetti. Inventò una vernice che molto assomigliava a quella dei maestri di Cremona: probabilmente trovò pure una copia della segretissima ricetta. Diventò anche uno dei più abili 'copisti' di modelli famosi. E il Messia? Ereditato dal genero di Vuillaume, il violinista Alard, lo Stradivari fu poi ceduto ai membri della famiglia Hill, liutai e collezionisti inglesi. Essi, a loro volta, dopo averlo venduto e ricomprato a più riprese, lo donarono nel 1940 all' Ashmolean Museum di Oxford, dove è esposto tuttora e valutato qualcosa come 20.000.000 di sterline! Da quel momento iniziarono le polemiche sulla sua autenticità, alimentate soprattutto dal fatto che lo strumento appariva troppo nuovo. Finchè, nel 1998, Stewart Pollens, responsabile della sezione "strumenti musicali" del Metropolitan Museum di New York, sulla base della propria propria esperienza, abbinata allo studio di alcune fotografie ottenute sotto banco, affermò che lo Stradivari era sicuramente un falso. Le sue dichiarazioni ebbero l'appoggio del professor Klein che, dalle venature e dagli anelli del legno dello strumento, sempre basandosi sulle foto, stabilì che Il Messia era databile in un periodo posteriore alla morte di Stradivari. L' Ashmolean Museum decise, quindi, di far analizzare il suo gioiello dal vivo, chiamando il prof. Grissino-Mayer, esperto in dendrocronologia. Egli, dopo accurate analisi, fissò nel 1716 la data di fabbricazione dello strumento: il violino è autentico, purtroppo le discordanze fra il violino acquisito dal museo inglese e la descrizione che ne fa il conte Cozio (il proprietario da cui Tarisio lo comprò), nel suo meticoloso inventario, appaiono notevoli, per cui la questione risulta ancora in gran parte irrisolta. Se voi come Vuillaume, foste degli accaniti collezionisti e degli esperti copisti e vi trovaste tra le mani il miglior violino mai fabbricato e aveste la possibilità di accedere tramite la collezione di Tarisio a modelli coevi da potere utilizzare come base, non vi fareste una copia del violino?
Una curiosità a margine: sapete come si chiama il più importante sito di aste online per strumenti musicali antichi? Già Tarisio.com !
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