venerdì 21 settembre 2007

Il segreto delle cattedrali gotiche

L'altra sera sentivo dire ad una mia amica:"devo andare a fare un sopralluogo; ma ci credi che i muratori non capiscono i disegni bidimensionali?". Al di là dell'ignoranza del muratore in questione, la questione della trasmissione dell'idea progettuale non è così scontata come si potrebbe credere. Oggi chiunque abbia letto su una rivista i consigli dell'arredatore o abbia, cercando casa, avuto per le mani uno di quei volantini con su disegnata la planimetria dell'appartamento proposto, sa facilmente interpretare quel disegno e ricostruire mentalmente una visione tridimensionale dell'appartamento. E' una cosa banale, eppure nel passato (parlo di secoli fa) non era così: non si conoscevano le regole geometriche per disegnare in assonometria men che meno in prospettiva. Circondati come siamo da immagini fotografiche o disegni computerizzati la cosa ci sembra assurda, ma per cercare di capire come gli antichi interpretassero la realtà, basta pensare a come noi da piccoli disegnavamo. Questo è un disegno classico di una casa fatta da un bimbo piccolo:


Tutti noi abbiamo disegnato qualcosa di simile; non sapendo rendere su carta la tridimensionalità dell'oggetto abbiamo disegnato il fronte e la parte laterale della casa come se fossero sullo stesso piano. Quando a scuola abbiamo appreso i primi rudimenti di disegno abbiamo capito che una corretta prospettiva di una casa andava fatta così:

Ora, se si immagina che gli antichi fossero come noi da bambini, cioè all'oscuro delle tecniche di geometria descrittiva, si capisce come fosse difficile anche per le maestranze dell'epoca interpretare una planimetria e immaginare il suo sviluppo tridimensionale. Eppure si costruiva: gli Egiziani le piramidi, i Greci i templi, i Romani gli acquedotti... Da ritrovamenti si è certi che gli Egiziani conoscessero l'uso delle proiezioni ortogonali e lo stesso Vitruvio, nei suoi tratti intitolati "De architectura" usava come elementi di rappresentazione di edifici le piante ed i prospetti da lui denominati iconografie e ortografie. Se consideriamo il fatto che che proprio il famoso trattato di Vitruvio, scritto tra il 27 e il 23 a.C., fu riscoperto solo nel 1414, si può ipotizzare che molto probabilmente questa conoscenza all'indomani del crollo dell'impero romano, andò perduta e venne conservata solo nei testi conservati e trascritti dai monaci, ma che pochissimi erano in grado di leggere; quanto alla pratica di cantiere è opinione comune che sia Egiziani che Romani facessero uso di modelli, cioè rappresentazioni in piccolo del manufatto. Aggiungiamo anche che c'erano scarsissime conoscenze statiche: oggi ci stupiamo della magnificenza di queste opere, ma dobbiamo renderci conto che quelle che vediamo sono quello che sono rimaste in piedi! I crolli, all'epoca, erano una cosa frequente, normale, persino accettata! Abbiamo notizia di crolli di piramidi o di templi: queste sciagure servivano per correggere le opere successive.

Più difficile è capire che cosa avvenisse negli anni bui tra la caduta dell'impero romano e il Rinascimento: ovviamente si continuava a costruire, pensiamo ad esempio alle cattedrali gotiche del XIII secolo che destano ancor di più la nostra ammirazione se consideriamo che sono state edificate praticamente senza progetto! Anche qui i crolli erano cosa comune; gli architetti più audaci erano quelli francesi, per questo i crolli più memorabili sono avvenuti in Francia: nel 1267 crollò la torre della Cattedrale di Sens; nel 1272 fu la volta della guglia di Saint Bénigne di Digione; il 1284, quando avvenne il crollo della volta della cattedrale di Bauvais, la più alta di tutte, segna il termine della corsa verso l’alto degli architetti francesi. Ancora oggi ci si chiede come avvennisse la comunicazione dell'idea progettuale in cantiere: a quei tempi la mano d’opera era per lo più analfabeta; non esisteva il metro, quello che ogni muratore ha oggi in tasca, o altro sistema unificato per la determinazione delle misure: non è pensabile perciò che si facesse uso di disegni quotati; si usavano ancora i numeri romani, dunque i progettisti non erano nemmeno in grado di calcolare il volume della pietra. Queste considerazioni farebbero pensare che l’architetto comunicasse con le maestranze per mezzo di modelli, come farà due secoli dopo il Brunelleschi. E invece no: i modelli come li intendiamo oggi, a sviluppo cioè tridimensionale, furono utilizzati solo nell’area italiana, e non oltralpe.
Gli architetti delle cattedrali gotiche progettavano con criteri che niente hanno che fare con i nostri: a differenza di quelli rinascimentali trascorrevano tutto il tempo in cantiere. In qualche modo progettavano estemporaneamente, e comunicavano con le maestranze mediante figure geometriche facili da tracciare e riprodurre in tutte le scale: la cosa più importante era esprimere chiaramente il metodo di tracciamento utilizzato. I disegni costruttivi cui gli operai dovevano fare riferimento erano realizzati direttamente in cantiere: in alcune cattedrali ancora oggi si possono vedere, incise nella pietra di basamento, le tracce dei disegni con i quali l’architetto comunicava con le maestranze. A mano a mano che la costruzione procedeva, il disegno che non serviva più veniva abraso dalla pietra, e se ne incideva uno nuovo. Eppure sono convinto che in maniera più o meno intuitiva ed empirica molti mastri avevano imparato i primi rudimenti di geometria descrittiva insieme a precarie considerazioni di statica e che li serbassero gelosamente per tramandarle da padre in figlio. Negli stessi anni Giotto tentava faticosamente di inserire i primi abbozzi di prospettiva nei propri affreschi, è molto probabile che gli stessi approcci vennero effettuati anche da altre persone.

L'organizzazione delle mastranze era molto rigida e basata su una struttura gerarchica. I singoli maestri sceglievano a chi comunicare le proprie conoscenze e le modalità operative, organizzando una scuola che trovava nella bottega il suo spazio di formazione. Si formarono così le corporazioni che assunsero un ruolo di controllo e di protezione del segreto progettuale. Il famoso segreto delle cattedrali gotiche, quindi, ha poco a che spartire con l'esoterismo, ma era, molto probabilmente, legato a conoscenze statiche, descrittive, di materiali che ogni buon muratore serbava gelosamente di generazione in generazione. Soltanto a partire dal Quattrocento italiano la scrittura arriverà a condizionare realmente l’architettura, con la ricomparsa del genere letterario dei trattati. Per questo è molto difficile oggi comprendere le discussioni che avvenivano sui cantieri, le dispute, i contrasti e i dibattiti tra gli architetti, le maestranze, i committenti. La fonte più significativa sono le opere stesse, che si mostrano in grado talvolta di “raccontare” quanto era avvenuto durante i lavori, come le interruzioni di cantiere e i vistosi mutamenti di progetto in corso d’opera.
Oggi nell'epoca dei computer e della realta virtuale, dei render e dei sitemi di photon mapping sembra che il problema di trasmettere la propria idea progettuale sia un problema sorpassato: non è così. Renzo Piano scrive che durante i lavori di costruzione dell'aeroporto di Osaka ebbe enormi problemi per fare capire, agli ingegneri giapponesi un particolare nodo di attacco; risolse il problema costruendo (il padre era un ottimo ebanista) egli stesso un modello in scala 1:1 del nodo!

3 commenti:

  1. wow!!! a parte il fatto che di architettura non ci capisco niente, però ho afferrato il concetto. La risposta è: bohhhhhh!

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  2. grazie e crepi il lupo....ma studi o hai studiato arte!?? lul�

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