giovedì 19 marzo 2009

L'evoluzionismo ai tempi di Facebook: il numero di Dunbar


Il mio progressivo ed entusiasmante evolvere verso i livelli di vita più avanzati (è il mio modo per dire crescere: il sottoscritto matura voi invecchiate) è infastidito da illazioni su un presunto decadimento delle mie capacità di memorizzazione di volti e di attenzione (è il mio modo per dire invecchiare: il sottoscritto ha a volte e temporaneamente dei cedimenti prestazionali voi rincoglionite). E' ovviamente una falsa teoria. Ricordo benissimo di avere già scritto di non essere un gran fisionomista e di avere una forte immaginazione che porta inevitabilmente a distrarmi più del dovuto. Il vero problema è che essendo anche curioso non voglio perdere nulla delle conversazioni che si svolgono attorno a me; ecco come nasce il mio famigerato: "Chiii?" e le sue varianti "Cosa?" o "Di chi stai parlando?". Mio fratello, esasperato, sostiene che come epitaffio sulla mia tomba i posteri potranno leggere: "Chi è morto? Io?". Lo capisco, vi giuro che a volte gli faccio ripetere diverse volte la stessa frase perchè, mentre continuo a pensare ai fatti miei sento uscire dalla sua bocca espressioni come "ablabaia". Mi rendo quindi conto di generare frustrazioni in chi parla con me. Ammetto anche che le mie capacità di riconoscere un viso e collegare ad esso un cognome sono recentemente peggiorate. Incontrare la stessa persona a distanza di pochi giorni e dimenticarsene totalmente è imbarazzante. Molto. Soprattutto all'epoca di Facebook, quando decine di persone con il profilo corredato di una minuscola e sfocata foto o peggio ancora con una istantanea del giorno del proprio battesimo, chiedono di diventare amici e tu ti chiedi una sola cosa: "Chi diamine è costui/costei?". Contesto fortemente però che la causa sia una forma precoce di Alzheimer. Fortunatamente ho da poco scoperto che non c’è nessuna correlazione tra le mie difficoltà di riconoscimento fisionomico e l’aumentare dei miei livelli di esperienza vitale (è il mio modo per dire: non sto invecchiendo e quindi rincoglionendo) è che, molto probabilmente, anzi quasi sicuramente ho raggiunto il numero di Dunbar delle mie relazioni sociali. Vi metto al corrente della mia scoperta. Il numero di Dunbar è un valore, approssimato intorno a 150, che definisce il numero massimo di persone con cui un singolo è in grado di mantenere una attiva relazione sociale. Il valore si basa sulla ricerca dell'omonimo scienziato inglese che utilizzò una equazione di regressione sui dati raccolti su 38 generi di primati per ricavare il valore di 147,8, con una probabilità del 95% che il valore cadesse fra 100 e 230 (ah come gioca Del Piero… ehm ah come è utile la statistica). Una volta ricavato questo valore, Dunbar l'ha confrontato con i gruppi sociali umani e ha verificato che era un’accettabile approssimazione. Infatti tutti i gruppi umani, fin dalla preistoria, tendono ad assestarsi al massimo intorno alle 200 persone. Il numero massimo comunque viene raggiunto in determinate situazioni, quando vi è una forte pressione a rimanere uniti. Anche in tal caso comunque Dunbar ha stimato che una grossa parte del tempo dovesse essere dedicata alle relazioni sociali (42% circa). Ora se caliamo la stima di Dunbar in un contesto sociale moderno interconnesso da tecnologie come le chat (messanger), i blog, twitter e social network come Facebook o Flickr, tecnologie che più o meno tutti usiamo quotidianamente, possiamo ragionevolmente credere che il concetto di relazione sociale attiva stia mutando e che soprattutto sia diventata più bassa la soglia necessaria a considerare qualcuno come “amico vicino”. Pensate alla vostra esperienza su Facebook (se avete un profilo): quante volte vi capita di accettare come amici persone che conoscete appena e quanti ne avete aggiunto che non frequentavate più o che non vi salutano per strada? Per contro: quante persone in più vi fanno conoscere e frequentare le chat o i blog? Figuratevi che Facebook ha da poco rimosso il limite di cinquemila (5000!) amici visto che sempre più utenti si lamentavano di questa limitazione. Insomma penso che la tecnologia modifica il mondo che ci circona più velocemente di quanto noi stessi siamo capaci di adattarci ad esso. Il mio corpo quindi cerca di adeguarsi a questa nuova condizione, con i necessari inconvenienti del caso; è la conferma della mia personale teoria di vita: io non invecchio, evolvo!

Questo è il riferimento bibliografico per gli studi di Dunbar: Dunbar R. I. M. (1992) Neocortex size as a constraint on group size in primates. Journal of Human Evolution 22: 469-493 (1992)

2 commenti:

  1. se giochi a Pet Society ti aggiungo anche io ^___________^

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  2. Pet Society è l'unico motivo per cui ogni tanto ritorno su Facebook! :D

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